mercoledì 15 dicembre 2010

Ragionamenti del secondo ordine. Il terzo polo vince la corrida.


In alcuni studi di meccanica ma anche in altre materie si parla di "effetti del secondo ordine". Si tratta di studi effettuati con formule matematiche più complesse, che vanno al di là di un ragionamento semplicemente lineare di proporzionalità sulla causa-effetto, arrivando a spiegare meglio determinati fenomeni.
Facciamo quindi un ragionamento più approfondito, più articolato. In un ragionamento "semplice" Fini ha sfidato Berlusconi con l'intento di piegarlo ai suoi voleri o comunque di disarcionarlo dalla guida del Governo. Berlusconi ha quindi semplicemente, con ogni mezzo, fatto in modo di riuscire vincitore da questa sfida teoricamente salvando la poltrona e dimostrando di essere "più forte" o comunque in grado di recuperare attorno a se consenso.
Ma facciamo un passo indietro. Ci ricordiamo che a fine estate, a settembre, qualcuno aveva ipotizzato elezioni entro Natale per sfruttare la posizione di forza del Governo e quella di debolezza dei fuoriusciti Finiani in quel momento solo un gruppuscolo senza le idee chiare. Fini, in quel momento ancora al Governo, costrinse Berlusconi a presentarsi in parlamento con cinque punti sui quali Fini e i suoi confermarono la fiducia facendo passare il treno delle elezioni pre-natalizie.
Certi di aver rimandato il voto a tempi più convenienti ecco organizzare prima FLI e poi il terzo polo che a questo punto, allontanate le elezioni di qualche mese, può avviare le manovre per la prossima campagna elettorale.
Primo atto di questa operazione è stata la "sortita" del voto di sfiducia del 14 dicembre scorso, un primo esperimento, un giro di prova, un azzardo se vogliamo, per andare a vedere le carte. Una sventolata di capote (il drappo) davanti agli occhi del toro. Un colpo del picador che non uccide ma irrita e allo stesso tempo indebolisce il toro.
Certo l'obiettivo palese è sembrato quello di far vedere la debolezza numerica di Berlusconi, ma l'obiettivo nascosto, il secondo ordine, era quello di prendere le misure. Il ragionamento del primo ordine portava in teoria ad un governo tecnico, di responsabilità nazionale, assolutamente irrealizzabile con l'attuale compagine parlamentare, e comunque qualsiasi governo tecnico non sarebbe stato in grado di cambiare la legge elettorale per l'impossibilità di farla comunque passare in Senato, dove il PdL e la Lega danno le carte. Anche se ieri fosse stato sconfitto Berlusconi sarebbe comunque restato in sella per diversi mesi in pratica nelle stesse condizioni attuali, dopo aver ottenuto solo una vittoria di misura (perché un governo dimissionario o un governo senza una vera maggioranza sono in pratica la stessa cosa). Certo si sarebbero potuti un pochino accelerare i tempi ma non se ne può essere sicuri.
L'analisi del secondo ordine porta invece a pensare che è bene che Berlusconi continui a governare, e a governare in tempi difficili, accumulando su di se fallimenti, problemi, provvedimenti tampone, scandali; senza avere la forza però di fare troppi danni. Inoltre le campagne elettorali quando si è al governo sono molto più difficili da portare avanti. Il toro corre a destra a sinistra e si stanca; la corrida deve durare a lungo per avere l'attenzione de conquistare gli applausi del pubblico.
Nel frattempo il terzo polo si consolida, anche perdendo qualche pezzo. L'uscita di alcuni da FLI (i tre fulminati sulla via di Damasco) rafforza in realtà la posizione di chi rimane, depura il nuovo partito dagli opportunisti del momento che saltano da un carro del vincitore all'altro, privi di una visione di luongo respiro, gente di cui nessuno ha bisogno.
Ho ragione di credere, o forse sperare, che Fini, Rutelli e Casini abbiano già stretto un solido patto finalizzato all'assalto alle spoglie di Forza Italia una volta caduto Berlusconi. Perché Berlusconi cadrà, prima o poi, il tempo gli è avversario nonostante i progressi della medicina e tutti i rinvii giudiziari.
L'importante è tenere le distanze, questo Casini lo fa intelligentemente da più tempo, e continuerà a farlo per presentarsi al suo elettorato privo di colpe, più bianco della neve si potrebbe dire.
Un terzo polo moderato, compatto, privo di problemi giudiziari, più volte "testato" nell'arena (in aula) nelle prossime settimane, dove si troverà a giocare con il governo come il torero con il toro, agitando il drappo rosso e piazzando le sue banderillas per assestare solo alla fine, alle elezioni, il colpo finale.

venerdì 10 dicembre 2010

La compravendità




Mi sa
che il Berlusca
ce la fa
non casca
per una testa
s'attesta
e resta
qua
chissà
quale altra testa
cader farà.

giovedì 25 novembre 2010

14 Dicembre 2010 - Gioventù bruciata

C'è un film con James Dean, "Gioventù bruciata" nel quale in una scena si tiene la chicken run, una corsa in auto che si svolge di notte su un rettilineo che termina sull'orlo di un precipizio: vince chi, lanciato a folle velocità, smonta per ultimo dall'auto in corsa prima di precipitare nel burrone. Nel film la corsa finisce male come ci si deve attendere.
Mi sembra che questa corsa verso il voto di fiducia del prossimo 14 dicembre contenga delle forti similitudini con la chicken run, vince chi salta per ultimo. L'ultimo a saltare è quello che potrà dire "vedete, è colpa loro, io sono il più forte ed il più coraggioso disposto ad andare comunque avanti. Berlusconi, da molti invitato (salta ! salta!) non ne vuole sapere di dimettersi, anzi, dice a Fini: "salta tu! Dimettiti".
Le automobili, rubate, (bella questa) sono il paese. Il voto di fiducia è il salto nel vuoto (letteralmente il salto nel vuoto per il paese).
Se il 14 dicembre i finiani votano contro e il Governo perde la fiducia l'ultimo ad abbandonare l'auto è Berlusconi che può subito avviare una bella campagna elettorale "vittimistica". Se i finiani ci ripensano e all'ultimo e votano a favore e come se loro vettura inchiodasse lontano dal burrone, quasi a voler salvare l'automobile (il paese), lasciano quindi la vittoria a Berlusconi che a questo punto è vincente anche se l'auto (sempre il paese) continua la sua corsa nel vuoto.
Ci potrebbe essere la possibilità che l'intervento di altri sia in grado di cambiare la storia. L'intervento dell'UDC a supporto del Governo potrebbe chiudere Fini ed i suoi dentro l'auto e farli precipitare nel burrone.
Allo stesso modo la Lega, stanca di queste teste calde e decisa a chiudere la questione, potrebbe comunque, negando la fiducia nonostante i ripensamenti di Fini, buttare i conducenti nel burrone con lo scopo di rubargli le auto alle prossime elezioni.
In questo film le auto fanno sempre una brutta fine. Il pubblico (perché nel film ci sono gli spettatori, le ragazze che urlano) sta a guardare.
Dobbiamo trovare un modo di salvare questa gioventù bruciata che passa il tempo ad ubriacarsi ed a distruggere auto.

mercoledì 10 novembre 2010

ITALIA 2050 - Qualcuno faccia in modo che questo non accada

E' finito !
C'è l'ho fatta !
Il mio saggio semiserio sul nostro futuro visto tra quarant'anni è chiuso ed in stampa.
E' stata dura ma alla fine sono riuscito a mettere su qualcosa di abbastanza convincente. Nessuno di quelli che lo hanno letto (i miei correttori, suggeritori, che ringrazio vivissimamente) mi è sembrato troppo dispiaciuto o distrutto dallo sforzo.
Nessuno troppo entusiasta ma nemmeno scocciato. Ho ricevuto
anche qualche apprezzamento spero non dettato dal buon cuore.

Le carte sono state particolarmente apprezzate e c'è nel testo qualche trovata simpatica come sempre avviene quando uno volutamente esagera.

Per chi fosse interessato l'ho messo in vendita su


E' un pochino caro perché l'interno è stampato a colori.
Lo potrei, volendo, mettere in distribuzione tramite LaFeltrinelli ma verrebbe a costare ancora di più.

martedì 19 ottobre 2010

Lo zio di Sarah 3 - CENTRO !!!

LE AZZECCO TUTTE !!

(rif. post precedente)


da REPUBBLICA DEL 20-10-2010

IL DELITTO DI AVETRANA

"Lo zio Michele dormiva
mentre Sarah veniva uccisa"

Nuova ipotesi dei pm sul ruolo di Sabrina: "Mentre lei litigava con la cugina, il padre era a letto". I Ris: sul telefonino della ragazza uccisa le impronte di più persone. Ombre su Cosima, forse sapeva

lunedì 18 ottobre 2010

Lo zio di Sarah 2

A dimostrazione del fatto che uno dei rischi più grandi della pena di morte è che non risulta difficile far fuori la persona sbagliata, a distanza di pochi giorni si scopre che lo zio della povera Sarah, che molti avrebbero all'istante eliminato dalla faccia della terra, con ogni probabilità ha un ruolo probabilmente secondario in tutta la vicenda.
Se le cose vanno come sembra alla fine del processo l'unica responsabilità per il "mostro", tolto di mezzo anche il vilipendio, sarà solo l'occultamento di cadavere ed il favoreggiamento che però, trattandosi della figlia, temo che neppure sia perseguibile.
Pero il "mostro" esiste, ed a questo punto è la cugina Sabrina.
Fredda, sfacciata, volitiva, decisa, determinata, anche coraggiosa.
Probabilmente il suo è il profilo (si sente che vedo Criminal Minds :-) ) di un boss della mafia, un padrino. Il padre Michele è solo un succube devoto picciotto a cui spetta, poverino, il compito di "fare pulizia" a cose fatte. Ed è lui il pentito, l'infame che non ha retto e, pieno di rimorsi, si è trasformato, alla fine, in un collaboratore di giustizia.
Inizio a pensare che è sempre bene diffidare dalle persone come Sabrina, troppo, troppo sicure di sé.

venerdì 8 ottobre 2010

Pena di morte per lo zio di Sarah ?

Colgo l'occasione del terribile epilogo della storia della povera Sarah Scazzi per una riflessione. In rete ho osservato che si è subito accesa la discussione su cosa farne adesso dello zio orco.
C'è chi suggerisce di spingerlo al suicidio, chi lo vorrebbe lasciar linciare dalla folla, e via dicendo. Qualche deficiente, ho letto, ha pure pensato di creare un fan club del mostro su FB (che spiritosi, che umorismo), che è stato ovviamente subito chiuso dalla polizia postale... come è noto la madre dei cretini è sempre incinta.
Fatti così gravi riaccendono sempre le diatribe sull'opportunità, in certi casi, di fare ricorso alla pena di morte. In realtà si tratta, a mio giudizio, di un falso problema non essendo la pena di morte sempre adatta a regolare i conti.
In una visione medioevale, molto religiosa, la pena di morte ha funzioni "espiatorie". E' stato commesso un reato gravissimo per il quale è scontata la dannazione eterna e solo il pentimento e l'anticipato ricongiungimento con il Creatore può considerarsi una soluzione adeguata (la Chiesa ha tagliato teste per secoli seguendo questo principio). In quest'ottica la pena di morte suona quasi come un'opera meritoria finalizzata a salvare un'anima disperata.
Dal punto di vista di molti contemporanei, per i quali la morte rappresenta solo la fine delle vita, ovvero il suo "accorciamento", la pena di morte assume aspetti compensativi (non sapendo come farti ripagare i danni ti privo della vita che ti resta, probabilmente il tuo unico bene, ammesso che valga qualche cosa). L'ergastolo che è ritenuta una pena inferiore rispetto alla morte, ma forse non lo è, ha invece lo scopo di privare di valore la vita, vita che da recluso in carcere perde molto del suo significato (cfr. http://urladalsilenzio.wordpress.com/ il blog degli ergastolani).
E' mia convinzione che il sistema delle pene dovrebbe spostare l'attenzione dal reato al reo.
Il codice analizza i reati e poi valuta per graduare la pena (aggravanti e attenuanti) una serie di condizioni al contorno tra cui, ma solo tra le altre, le condizioni individuali del reo.
Per certi individui la pena, qualsiasi essa sia, potrebbe spesso non costituire alcun deterrente.
Alle anime perse, individui che per fatti personali, per cultura, per condizioni familiari, a causa a volte di una malattia, perdono il significato della propria vita, il carcere, ma anche la morte, appare come un rischio assolutamente accettabile.
Il trade off tra la soddisfazione di un bisogno, malato e perverso che sia, soddisfazione questa ottenibile a danno di altri (e qui ecco il reato, il dolo), e il rischio di una qualsiasi pena, porta gli individui che hanno poco o nulla da perdere a commettere le più grandi aberrazioni. E' questo il caso dei pluriomicidi, dei killer della mafia, dei balordi della criminalità organizzata per i quali, leggasi l'ottimo Saviano in Gomorra, la morte violenta è data quasi per scontata come contropartita di attimi di piacere, di donne ed auto da corsa.
Ma non è questo il caso.
Lo zio della povera Sarah voleva soddisfare un bisogno perverso, dare seguito ad una sua immaginazione (questo apre il fronte a questioni sull'educazione alla sessualità su cui soprassiedo), ed il rifiuto netto aveva improvvisamente trasformato il suo approccio in un reato, inizialmente piccolo (molestie), che lo avrebbe visto prima denunciato ai familiari e poi allontanato dalla famiglia, il tutto sotto gli occhi scandalizzati dei suoi compaesani.
Un individuo del genere, per quello che ho potuto capire dal ritratto ricavabile attraverso i giornali, ha visto terminare la sua vita in quell'istante; se la nipote lo avesse denunciato la sua già povera vita - nella sua mente - non sarebbe valsa più nulla o quasi. Allora ha ucciso la nipote per "salvarsi". Avrà pensato "o io o lei" e - ed è questo che è la parte più terribile - ha scelto "è meglio lei". E tutto il resto segue in maniera quasi automatica, per certi versi vendicativa, probabilmente con un idea fissa nel cervello: "'sta pu.. mi voleva denunciare... mi voleva denunciare.. mi voleva denunciare".
Poi dopo pochi giorni, quando sono iniziate le ricerche e la fotografia della nipote è apparsa in ogni dove come un fantasma dall'aldilà, deve aver recuperato un minimo di consapevolezza e nel rivalutare quel "o io o lei" si deve essere accorto della sproporzione delle grandezze a confronto ed è stato sopraffatto dal rimorso.
Ritengo in questo caso che la pena di morte, alla quale non sono del tutto contrario, visto il soggetto, potrebbe costituire solo uno sconto di pena.
La pena giusta è il prolungamento indefinito di quello che sta già scontando da qualche settimana, deve avere costantemente di fronte, senza però potervisi sottrarre, l'immagine della nipote morta e degli specchi perché quel "o io o lei" - l'attimo in cui la vita di tutti e due è terminata - gli torni costantemente davanti.
Non ci dovrebbe mettere molto ad impazzire.



giovedì 16 settembre 2010

Monnezza. Come cominciare male la giornata

Questa va subito raccontata . Questa mattina, ore 7:00, pronto per uscire (mancava solo la giacca) mi dirigo in cucina per dare esecuzione all'ordine della consorte impartitomi prima di uscire presto: "ricordati di buttare la mondezza". Arrivo di fronte al secchio e noto che questo è particolarmente pieno. Faccio per sollevare la busta prendendola su due lati e mi accorgo che la busta sale mentre il contenuto tende a sprofondare all'intern0: - Cazzarola - penso - la busta è sfondata ! - Ma l'ingegnere non si perde d'animo e, recuperato il rotolo delle buste di plastica, srotolo veloce un'altra busta (uno strraap e via) e la colloco al rovescio sul secchio coprendo l'imboccatura della vecchia busta con l'intento di rovesciare con un movimento rapido tutto il contenuto del secchio nella nuova busta. Tragedia ! In realtà la busta nel secchio non era rotta.. era difettosa! E anche quella dopo nel rotolo aveva lo stesso difetto, non era sigillata in fondo, in pratica un tubo! Giuro, con il mio rapido movimento, HO RIEMPITO IL PAVIMENTO DELLA CUCINA ! Evito i dettagli (vasetti di yogurt, fusilli, un finocchio, bucce di pesca, ecc.ecc.) ma ho dovuto recuperare un'altra busta e, una volta verificato che questa non fosse difettosa, raccogliere il tutto a mano e procedere, consumando una quantità industriale di scottex a raccogliere il percolato fetido che tra l'altro aveva sporcato tutto il contenitore (ormai un puzzolente cassonetto domestico).. terribileeee!

lunedì 13 settembre 2010

L'Italia che verrà

Sto lavorando a L'Italia che verrà trasformandolo in una piccola pubblicazione. Sto riprendendo i testi del blog cercando di arrivare ad un testo coordinato e grammaticalmente accettabile. Non sta venendo male.. però che fatica !
Ma come fa certa gente a riempire pagine e pagine di storie ?.. Autori come Stephen King, o John Grisham, per me, fanno di sicuro lavorare altri al loro posto...

mercoledì 21 luglio 2010

L'Italia che verrà - 6 - La Repubblica Federale Italica

La riforma costituzionale del 2035 aveva nei fatti smembrato il paese lasciando alla Repubblica Federale Italica definita nella riforma costituzionale federale del 2020 solo i territori dell'appennino centrale e l'area metropolitana della capitale. Le regioni Umbria, Marche, Abruzzo e Molise erano rimaste integralmente parte della Repubblica mentre l'Emilia Romagna si era trovata divisa in due. L'appenino romagnolo - la Romagna - era rimasta in qualche modo fedele allo stato federale mentre i comuni dell'Emilia nella crisi del 2028 (tra l'altro con problemi all'interno delle amministrazioni provinciali) avevano per lo più optato per l'adesione alla Libera Unione delle Province Padane. L'amministrazione regionale con sede a Bologna dovette affrontare il problema della divisione all'interno del suo territorio risolvendolo in maniera quanto mai fantasiosa. Tutta la regione Emilia Romagna rimaneva parte della Repubblica Federale Italica ma i Comuni dell'Emilia godevano di uno speciale regime di extraterritorialità per il quale tutte le attività amministrative "ordinarie" erano riconducibili alla libera unione delle Province Lombarde (commercio, anagrafe, sanità, ecc.) mentre la gestione delle grandi infrastrutture e delle relazioni internazionali era rimasta nelle mani dell'Amministrazione Regionale che rimaneva comunque regione federata della Repubblica alla quale veniva riconosciuta comunque la gestione della difesa e della giustizia e gli introiti di un sistema di dazi e di pedaggi che era stato imposto al momento della secessione delle province del Nord. I territori dell'Emilia divennero quindi una sorta di strano protettorato della Repubblica Federale con forti legami con la Libera Unione delle Province Lombarde. Questa condizione si trasformò in breve in una fiscalità di vantaggio in quanto il sistema dei dazi e dei pedaggi ricadeva essenzialmente sulle imprese e i lavoratori dell'area lombarda con la conseguenza che la Transpadania divenne rapidamente una sorta di paradiso fiscale dove molti reati di natura tributaria non erano nemmeno perseguiti. La città di Bologna dove aveva sede l'amministrazione regionale federata accolse al suo interno anche le strutture amministrative dei comuni della transpadania (che altro non erano che le strutture dell'amministrazione provinciale di Bologna riconvertite ad amministrazione dei comuni transpadani). La coesistenza all'interno della città delle due strutture e quindi del personale delle due amministrazioni (ma anche alcune strutture dell'università e molte scuole superiori ed un ospedale erano rimasti sotto l'amministrazione ex provinciale) comportava la coesistenza di regimi giuridici diversi tra i cittadini della Repubblica Federale e e quelli della Transpadania i quali in generale erano tenuti al rispetto della normativa della Libera Unione. La città di Bologna divenne quindi già dal 2030 un territorio in cui si riconosceva la doppia cittadinanza dei residenti che dovevano osservare la più restrittiva tra le normative applicabili ma potevano godere dei servizi di entrambe le amministrazioni li dove fossero ancora presenti delle duplicazioni. Per esempio la libera Unione delle Province (poi Longobardia dal 2035) aveva vietato sia i matrimoni gay che quelli interconfessionali (che invece erano rimasti ancora possibili nella Repubblica Federale) e quindi a Bologna non era possibile celebrarli; in caso di malattia si poteva far ricorso sia all'ospedale Federale che a quello Longobardo (più moderno ed elegante) ma quest'ultimo era da preferire solo per i casi meno gravi per la scarsa attenzione che veniva prestata ai malati terminali (frequenti le pratiche libera-letto al limite dell'eutanasia). Per l'università, allo scopo di evitare forme di concorrenza al ribasso (due esami al prezzo di uno ecc.) si era stati costretti a stabilire un regime di mobilità assoluta degli studenti che vantavano il mutuo riconoscimento di tutti gli esami sostenuti sulla base di un sistema di crediti fissati da una commissione congiunta. Questo comportò da un lato che lo stesso esame valesse diversamente tra l'università federale e quella longobarda ma anche che si potessero sommare i crediti sostenendo due volte lo stesso esame nelle due facoltà (non proprio lo stesso, in genere cambiava la definizione della materia ed il testo di riferimento.. tipo Analisi Matematica e Analisi algebrica, Diritto civile e Diritto dei cittadini, ed altre " furbate" del genere). Mentre la ex Emilia Romagna viveva al suo interno questa grave divisione le altre regioni erano riuscite a conservare essenzialmente intatte le strutture amministrative definite con la riforma federale del 2020. Risultò fondamentale in queste regioni la tradizione storica che riconosceva ai "marchigiani" la funzione di esattori delle imposte. Furono infatti le Marche a definire per prima tra le regioni un sistema esattoriale che abolendo il sistema dell'auto-dichiarazione affidava ad un corpo scelto di esattori armati la funzione dell'accertamento e dell'incasso di tasse e imposte. Ci furono invero alcuni episodi disdicevoli, qualche fenomeno di vessazione nei confronti di ex mogli o di rivali in amore, ma la riforma portò il livello di evasione fiscale ad uno 0,1% riconducibile esclusivamente ad errori di trascrizione dei documenti contabili. A Roma l'Amministrazione Centrale visto il successo della riforma emanò delle linee guida di indirizzo (non avendo più potestà legislativa nella materia) che furono recepite dall'Umbria, dall'Abruzzo e dal Molise che ne ebbero i medesimi vantaggi. Anche il Lazio fece propria la normativa ma la sua applicazione trovò delle difficoltà aggiuntive per il fatto che la selezione dei corpi d'élite fiscale, vista la numerosità delle domande presentate, fu particolarmente farraginosa. Questo fu probabilmente dovuto al fatto che per evitare qualsiasi forma di corruzione era assicurato all'esattore una percentuale consistente dell'incasso e la concentrazione nella capitale di redditi medio alti avrebbe garantito all'esattore incassi dieci o venti volte superiori alla media che pure era molto elevata. Nel 2035 , l'anno dello smembramento, gli unici sistemi fiscali funzionanti ed identici erano quelli delle regioni della Repubblica Federale Italica che vantava il forte coordinamento delle storiche strutture amministrative insediate nella capitale. Al Nord la Longobardia aveva nel frattempo abolito le imposte dirette utilizzando un sistema basato solo sulle tariffe per i servizi e su imposte indirette applicate sulle transazioni finanziarie. In pratica i servizi pubblici venivano finanziati attraverso il pagamento diretto a tariffa del servizio con sconti per i meno abbienti. I fondi necessari per le politiche di minima solidarietà erano costituiti da un sistema di raccolta di offerte volontarie (molto molto povero di fondi) e da un prelievo sulle transazioni bancarie del 2% su ogni operazione (accompagnato dal divieto dell'utilizzo di contanti per importi superiori ai 10 €). Mentre per i piccoli importi il 2% poteva considerarsi irrisorio per i grandi importi costituiva un valore consistente e si iniziarono ad affermare dei sistemi di pagamento alternativi detti "contratti di scambio" non espressamente vietati dalla normativa e che si possono ricondurre - in forma più elaborata - al baratto delle merci di antichissima memoria. Al Sud e nelle isole dove le amministrazioni regionali non erano state in grado neanche di abbozzare una riforma fiscale, erano quindi rimaste in vigore le stesse norme del 2020 (che altro non erano che quelle dell'ultimo federalismo fiscale del 2012) assolutamente inadatte a gestire localmente il sistema del prelievo fiscale per l'impossibilità materiale di applicare qualsiasi sanzione agli evasori. Nel giro di pochi anni le esattorie comunali avevano accumulato in queste regioni una quantità di cartelle esattoriali (tra multe, tassa rifiuti ed imposte varie) inevase pari a circa 5 volte il numero degli abitanti con un conseguente tracollo del gettito e le conseguenze a cui ho già accennato. (segue)

mercoledì 16 giugno 2010

L'Italia che verrà - 5 - Il centro sud

Riprendiamo la narrazione della storia d'Italia futura scendendo lungo lo stivale. Al centro della penisola, dopo la secessione delle province del Nord, la Repubblica Italiana vedeva ricondotti i suoi confini grosso modo all'antico Stato della Chiesa ed al Regno delle due Sicilie (configurazione pre-unitaria) con le Regioni del sud e le isole maggiori, Sardegna e Sicilia, in preda ad una profonda crisi economica. Essendosi progressivamente ridotti negli anni i trasferimenti di fondi dalle Regioni del Nord a quelle del Sud tutto il mezzogiorno dovette affrontare il progressivo impoverimento di tutte le aree agricole periferiche. Prima le aree montuose, poi le collinari ed infine le suburbane vennero abbandonate o cedute dai piccoli proprietari per finanziare l'emigrazione verso nord o verso paesi esteri di interi nuclei familiari. Già nel 2030 i territori si erano talmente impoveriti che il gettito fiscale Regionale, da sempre insufficiente, si era talmente ridotto che il 70% dei comuni aveva dichiarato bancarotta ed era stato sottoposto all'amministrazione di Commissari Regionali i quali erano stati costretti a lincenziare definitivamente (non potendo pagare gli stipendi) i dipendenti comunali autorizzandoli nel contempo a gestire in forma privatistica i servizi pubblici dietro pagamento di una tariffa concordata a livello regionale. I dipendenti in un primo momento si organizzarono in forme cooperative ma ben presto la necessità di capitali per garantire il funzionamento delle strutture aveva visto l'intervento diretto di famiglie benestanti (alcune con una storia di criminalità alle spalle) che da appaltatori dei servizi si trasformarono in "gestori" assumendo gli ex dipendenti comunali e riferendo direttamente ai vari Commissari Regionali. Il potere dei gestori privati divenne via via più ampio tanto che la nomina a Commissario Regionale in un determinato Comune doveva trovare in qualche modo l'approvazione dei "gestori" se non essere addirittura un loro diretta espressione. Si formarono in qualche caso anche delle forme di gestione intercomunale, come nel caso dei Comuni della Provincia di Caserta, che per primi vantarono un unico gestore dei servizi di Polizia Municipale, talmente potente da acquisire la gestione del servizio anche in molti comuni della provincia di Frosinone. Dal 2032 tutto il traffico delle zone agricole del basso Lazio e del casertano era sotto il controllo diretto del comando dei Vigili (ribattezzati Vigilanti) con sede a Casal di Principe che, con lo scopo di agevolare il traffico, dispose con tanto di determina vistata dal Commissario Regionale lo smantellamento di tutti gli impianti semaforici, l'eliminazione della segnaletica, e l'installazione di speciali autovelox a velocità minima in grado di multare chi viaggiasse a bassa velocità. Nel contempo venne meno anche l'obbligo di assicurazione dei veicoli, non in questo caso per una decisione politica, ma per il fatto che nessuna compagnia di assicurazione era disposta ad assicurare veicoli della zona o che avrebbero dovuto attraversarla. Nel giro di pochi anni tutto il mezzogiorno vide la comparsa di una amministrazione diretta delle funzioni pubbliche da parte di Commissari Regionali che sovraintedevano l'attività di più soggetti privati incaricati di tutti i servizi pubblici con il risultato che nel giro di un paio di tornate elettorali vennero a coincidere la figura di Consigliere regionale e quella di Commissario, tanto che le assemblee regionali si trasformarono in camere commissariali che eleggevano al loro interno un presidente con ruolo di Governatore Regionale ed una giunta esecutiva nella quale gli assessori, ormai privi di un potere reale, si limitavano al coordinamento settoriale evitando tra l'altro (cosa che era già successa) che in comuni limitrofi ma soggetti a due diversi gestori dei servizi educativi la durata degli studi ed il loro ordinamento fossero diversi (nella Provincia di Salerno, in cambio del raddoppio delle rette, il liceo Classico era stato ridotto a due anni di durata e si era tentato di abolire l'esame finale - il tutto nei limiti, invero molto larghi, dell'autonomia propria del gestore dei servizi). Mentre le Regioni del sud, forti della loro autonomia federale, trasformavano le loro amministrazioni, lo Stato Centrale combatteva privo di armi una battaglia ormai persa in partenza per l'impossibilità di sanzionare i comportamenti difformi delle amministrazioni locali. Tutte le direttive, i pareri, le leggi di indirizzo, divenivano in breve lettera morta o tutt'al più utili linee guida. Tra l'altro queste attività gravavano economicamente di fatto su quelle poche regioni dell'appenino centrale e sull'aerea romana che erano rimaste assolutamente fedeli al sistema federale definito con la riforma costituzionale del 2018 e che quindi versavano regolarmente la loro quota federale. Come conseguenza di ciò le strutture amministrative dello Stato Centrale divennero essenzialmente delle strutture interregionali di coordinamento a servizio delle Regioni interessate a non disperdere il patrimonio di competenze che si concentrava nei palazzi della capitale. Le regioni del mezzogiorno furono quindi in pratica abbandonate dall'amministrazione centrale che già nel 2030, allo scopo di limitare l'immigrazione dal sud e conservare l'occupazione nella capitale, aveva limitato l'accesso agli impieghi pubblici ai soli residenti della'area romana ed a dei contingenti delle Regioni dell'appennino (Marche, Umbria, Abruzzo e Molise, Romagna). Rimaneva però la necessità delle regioni del mezzogiorno di una qualche forma di coordinamento ed allora venne istituita su iniziativa dei Governatori di Campania, Puglia, Calabria e Basilicata una struttura amministrativa formata essenzialmente dalle ex Prefetture (già da qualche anno i prefetti non venivano più nominati per mancanza di fondi ed anche perchè - se in contrasto con i Commissari Regionali - veniva meno loro qualsiasi possibilità di operare o sopravvivere). Si decise poi che le ex prefetture venissero coordinate da una struttura centrale con sede a Napoli con a capo - a turno - uno dei Governatori la cui carica durava un anno. Nel 2035 la situazione politica si era fatta insostenibile e su iniziativa della Camera delle Regioni, o meglio di quello che ne restava con l'uscita avvenuta negli anni precedenti delle Regioni del nord, fu approvata una riforma costituzionale che con l'intento si salvare se non altro i fondamentali economici della penisola, ovvero la tutela del sistema degli scambi commerciali, i rapporti interbancari, la giustizia civile e la sicurezza pubblica. La riforma riconosceva lo status quo e prendeva atto delle scelte autonomiste della Sicilia e della Sardegna che venivano riconosciuti come stati autonomi al di fuori della Repubblica Federale Italica, che però conservavano con la Repubblica "madre" rapporti commerciali ed istituzionali stabili regolati da un apposito trattato internazionale di "affiliazione" alla Repubblica. Il Trattato conteneva sia il recepimento della vecchia normativa italiana (per assicurare continuità del diritto nei neonati stati) sia alcuni accordi in materia di difesa (utilizzo di porti, aereporti, ecc.). Alle regioni del mezzogiorno che si erano date una propria organizzazione amministrativa interregionale fu riconosciuto un livello di autonomia assolutamente paragonabile a quello delle neonate nazioni di Sicilia e Sardinia e venne riconosciuta l'esistenza della Confederazione delle Regioni del Sud con una propria autonomia costituzionale di stato confederale. Le Regioni del Sud si autoconvocarono in un sorta di assemblea costituente composta da tutti i consiglieri dei parlamenti regionali e deliberarono la costituzione della Confederazione del Sud approvando nel dicembre 2035 un trattato interregionale con valore di costituzione confederale che collocava la capitale confederale a Napoli, già centro amministrativo interregionale. (segue)



lunedì 14 giugno 2010

L'Italia che verrà - 4 - Ancora il Nord

Torniamo alla nostra storia sull'Italia del futuro, quella che ci attende da qui a quarant'anni (ogni riferimento a persone e cose è puramente casuale). Eravamo rimasti che le province più periferiche del bilinguismo avrebbero ottenuto il tanto atteso riconoscimento della loro appartenenza agli altri Stati confinanti tutte entro il 2040. Altre zone di confine avevano percorso sorti simili. In particolare le province più a nord del Piemonte, la val d'Ossola, che risultava collegata naturalmente con la Svizzera decisero si associarsi al Canton Ticino di fatto ampliando notevolmente il territorio della Svizzera. La Svizzera quindi, anche attraverso la volontà di alcuni altri Comuni (Chiasso uno dei primi) di conservare una particolare autonomia fiscale distinta da quella delle altre Province aveva già nel 2035 il controllo delle sponde dei grandi laghi ex lombardi. Qualcosa di simile avvenne in Liguria con alcuni Comuni della riviera di ponente che nel 2030, Sanremo tra tutti, decisero di fare proprio il regime fiscale del Principato di Monaco e non aderirono alla Libera Unione delle Province Padane. In qualche anno l'afflusso di capitali da tutta Europa garantì una ricchezza economica tale che volontariamente, con un plebiscito, i Comuni della Liguria occidentale scelsero di essere annessi ai territori del Principato di Monaco ribattezzato subito dopo Grande Principato di Monaco e Sanremo. Il Principato nel frattempo, per la mancanza di eredi legittimi della casa Grimaldi, si era trasformato in sorta di monarchia elettiva (simile allo Stato della Chiesa) nella quale i maggiorenti del Principato indicavano, in genere tra gli anziani, un reggente con incarico a vita. Nel 2035 era stato elevato a rango di Principe protempore con il nome di Silvius I il ricchissimo Piersilvio Berlupponi che aveva erediato le fortune della famiglia dopo la morte, in due distinti e misteriosi incidenti aerei, dei suoi fratelli e dei loro congiunti.
Un'altra questione importante si aprì nel 2035, a 6 anni dalla costituzione dell'Unione delle Libere Province Padane, con la Provincia di Venezia. Nel 2028, pochi mesi prima del blocco del sistema ferroviario, era stato completato il Mose ed era stato affidato ad una multinazionale olandese il plurimilionario contratto di gestione e manutenzione delle paratie mobili. La Provincia di Venezia, subentrata al Ministero delle Infrastrutture nei rapporti con il gestore, nel giro di pochi anni non fu più in grado di onorare il contratto che fu rescisso unilateralmente affidando l'appalto alla Cooperativa Gondolieri che si impegnò ad assumere il personale tecnico per la gestione e la manutenzione degli impianti. La necessità di ridurre le spese obbligò la cooperativa ad una seri di avvicendamenti del personale che portò fuori dalle strutture i tecnici olandesi sostituiti con ex gondolieri anziani nel ruolo via via di responsabile delle emergenze, capo manutentore, ecc.
Nella notte di Natale del 2035 si trovò nella sala controllo Bepi Piccioni che, prossimo alla pensione era stato messo lì con il compito di chiamare l'ingegnere capo in caso di allarme. Purtroppo l'allarme arrivò annunciando una delle più grandi maree della storia accompagnata da una grande alluvione. Il Bepi fece il possibile, chiamò l'ingegnere capo ma, vuoi le linee disturbate, vuoi il dialetto venexiano stretto al quale l'ingegnere capo di origini olandesi non era avvezzo, commise una serie di errori consecutivi ai comandi degli impianti che l'acqua alta sommerse Venezia per 15 giorni e tutte le paratie del Mose risultarono gravemente danneggiate.
Si registrarono danni enormi a tutte le strutture cittadine, il ponte di Rialto danneggiato, i moli distrutti, la Basilica devastata. L'amministrazione Provinciale dichiarò il proprio totale dissesto finanziario e chiese l'aiuto dell'Unione, che però, in una memorabile assemblea dei Capitani delle Province ( i Presidenti avevano cambiato il nome in Capitano della Provincia), a maggioranza, con le solo Province venete contrarie, decisero di abbandonare al suo destino la città di Venetia (già Venezia) assicurando un aiuto individuale agli abitanti che avessero scelto di evacuare la città (priva ormai di servizi pubblici) per trasferirsi nell'entroterra. Già nel 2037 la città e la laguna, devastate dalle maree e dai saccheggi, avevano assunto un'aspetto spettrale, molti alberghi erano divenuti alloggi per la criminalità o depositi per merci di contrabbando.
Grazie all'interessamento di alcune personalità pubbliche ed allo Stato Italiano, il quale però non aveva più titolo ad intervenire direttamente rimanendo la Provincia di Venezia territorio dell'Unione delle Libere Province nel frattempo rinominata Longobardia (in memoria dei mitici Longobardi), l'ONU intervenne a tutela del patrimonio culturale della città procedendo all'invio di 3000 caschi blu con il compito di prendere il controllo di tutti gli edifici pubblici e costituire una struttura amministrativa straordinaria in grado di procedere alla riparazione del Mose ed alla ricostruzione delle strutture di servizio, il tutto per permettere il ritorno degli abitanti e la riapertura delle attività turistiche e commerciali. Nel 2041 a capo dell'amministrazione straordinaria l'ONU pose un italo-americano di origini venete, un certo Mark Polo.
Scendendo più a Sud un discorso a parte merita la ex Regione Toscana che aveva lamentato subito dopo la secessione del 2028 la necessità di una maggiore autonomia nei confronti dello Stato Italiano. Conti alla mano l'Amministrazione regionale aveva dimostrato la sua sostanziale autonomia finanziaria trovandosi in un condizione di indifferenza rispetto ai contributi di solidarietà versati allo Stato e che venivano poi restituiti alla Regione in favore di alcuni comuni montani. Lo Stato italiano, allo scopo di evitare ulteriori secessioni, concesse una assoluta autonomia alla Regione in cambio del riconoscimento della sovranità territoriale e della compartecipazione alle spese di difesa e di politica estera. Di fatto a fronte del pagamento di una quota annuale la Toscana aveva acquistato una totale indipendenza politica e amministrativa. Questa indipendenza e la presenza in costante aumento di cittadini inglesi o di origine britannica portò la Regione a stringere una serie di accordi con la Gran Bretagna finalizzati ad agevolare gli investimenti anglosassoni sul territorio. I massicci investimenti, la presenza di molti cittadini anglo-toscani (la regione istituì una cittadinanza toscana), l'uso dell'inglese nella quasi totalità degli scambi commerciali, nel giro di vent'anni ha trasformato la Toscana in una regione del vecchio Commonwealth britannico che, nel frattempo, era tornato in auge come club commerciale con fini protezionistici per combattere l'espansionismo cinese. L'appartenenza della Tuscany (Toscana) al Nuovo Commonwealth aveva in breve costretto, grazie ad un sistema di controlli sui traffici commerciali mondiali e sulla qualità dei prodotti impiegati, gli investitori cinesi ad abbandonare la regione. Le manifatture cinesi vennero presto riconvertite da investitori inglesi alla lavorazione di tessuti pregiati e lane australiane. Ci furono conflitti con la comunità cinese e molti operai cinesi perso il lavoro furono rimpatriati, altri invece andarono ad ingrossare le comunità insediatesi nel mezzogiorno attorno ai porti di Napoli e di Bari. (segue)

giovedì 10 giugno 2010

L'Italia che verrà - 3 - Il Nord


Ecco un primo approfondimento sul Nord del paese (anche la cartina è più leggibile).
Qualche premessa.
A seguito della trasformazione in stato federale completata nel 2020 tutte le regioni italiane si trovarono ad affrontare seri problemi di bilancio. Il federalismo fiscale, inizialmente strutturato su base regionale, fu - specialmente al nord - decentralizzato affidando ai Comuni (alle esattorie comunali privatizzate) l'accertamento e la riscossione di tutte le imposte e tasse. Sulle prime il sistema di trasferimenti verso lo Stato centrale sembrava funzionare ma dopo un paio d'anni tutte le amministrazioni - anche a causa di gestioni allegre - si trovarono impossibilitate a trasferire i fondi allo Stato centrale per evidenti indisponibilità di cassa.
La mancanza di fondi creò gravi problemi alle amministrazioni statali che sulle prime bloccarono i trasferimenti "di solidarietà" diretti alle amministrazioni sofferenti e successivamente chiusero (ridussero) progressivamente tutte le strutture centrali sul territorio (caserme, prefetture, uffici periferici).
In molti comuni del nord, più ricchi, prese piede l'idea che al posto dello Stato Centrale, non più in grado di erogare molti servizi collettivi, sarebbe stato più conveniente organizzare delle strutture intercomunali - aggregati di Comuni - per la gestione degli interessi collettivi.
Nel 2028 il sistema ferroviario, la cui gestione era divenuta difficile e conflittuale essendo stata frazionata su più livelli amministrativi (la rete allo Stato, le stazioni e le biglietterie - ma non tutte - ai Comuni, i treni alle Regioni, le manutenzione ad associazioni di privati o a multinazionali) collassò a causa di un incidente nella stazione di Bologna. i conflitti a livello decisionale causarono il blocco del traffico ferroviario per 20 giorni, ci furono sommosse di pendolari costretti a fare ricorso a soluzioni alternative approntate dai singoli Comuni e anche da privati che, nell'emergenza, avevano ottenuto la liberalizzazione assoluta del servizio di trasporto (taxi e pullman). Dopo 15 giorni di blocco totale la maggior parte dei Comuni del nord con a capo quello di Bologna decisero di nominare una consulta di esperti e di istituire un fondo di emergenza necessario per pagare i debiti ed eseguire quei lavori strettamente necessari per far ripartire i treni. Da quel momento i Comuni del nord bloccarono tutti i trasferimenti allo Stato centrale impegnadosi però a garantire a tutte le strutture centrali esistenti sul territorio i fondi necessari per il funzionamento a partire dagli stipendi. Fu di fatto la secessione delle amministrazioni comunali dallo Stato centrale. L'anno dopo, nel 2029, i comuni della Lombardia si costituirono come Libere Unione di Comuni su base provinciale. Le province successivamente si confederarono come Libera Unione di Province Padane alla quale aderirono progressivamente la maggior parte delle province del nord del paese, quelle del Piemonte prima, poi il Veneto e la Liguria. L'Emilia Romagna ne uscì malconcia in quanto riemersero a livello locale campanilismi storici e conflitti tali che la posizione di molti Comuni non fu subito chiara. Il Comune di Bologna che pure aveva capeggiato la rivolta non era intenzionato a sganciarsi dal resto del paese anche per conservare quel ruolo che la posizione geografica gli aveva nei secoli assicurato. I Comuni dell'Emilia che inizialmente avrebbero voluto aderire alla Libera Unione si trovarono fisicamente impossibilitati a farlo dalla chiusura dei ponti sul Pò la cui gestione (molto onerosa) era rimasta al Stato centrale che, come risposta, aveva immediatamente imposto un forte pedaggio al transito degli abitanti dei Comuni della Libera Unione. Altre province del nord preferirono invece avviare con gli Stati confinanti una serie di trattative finalizzate alla progressiva integrazione dei loro territori con le amministazioni dei territori limitrofi e storicamente vicini per lingua e tradizioni.
Furono necessari molti anni ma tra il 2035 e il 2040 prima l'Alto Adige poi la Valle d'Aosta ed infine una parte dei comuni del Friuli tra cui Triste divennero nell'ordine territorio austriaco, francese e sloveno. (segue)

L'Italia che verrà -2

Ho preparato una mappa del nostro paese tra 40 anni....
seguono approfondimenti.


venerdì 21 maggio 2010

L'Italia che verrà

Prendo spunto dalla recente approvazione del federalismo demaniale per avviare una riflessione sul futuro del nostro paese. Mi ripeto e ripeto spesso che il disegno che sembra delinearsi nel combinato disposto delle intenzioni della Lega, del sostanziale assenso della sinistra e della connivenza delle regioni meridionali, e quello di un'Italia in un assetto pre-unitario quasi a cancellare 150 anni e più di storia.
Cos'è una nazione ? Un popolo, un territorio, una sovranità, una storia, un lingua, un ordinamento giuridico. Si potrebbe dissertare su ognuno di questi concetti per definire lo stato nazionale e molti hanno studiato come nascono le nazioni, le loro finalità, i loro meriti e demeriti. E' solo il caso di ricordare che i "padri della patria", i vari Mazzini, Garibaldi, Cavour ecc. non fossero proprio degli stupidi e che avessero più che valide ragioni per la costruzione dell'Italia unita, che non si limitavano al semplice desiderio di casa Savoia di ampliare i suoi domini, ma facevano riferimento ad una serie di condizioni che imponevano al nostro paese di trovare una sua struttura unitaria, una sua massa critica, in grado di dialogare alla pari con gli altri stati nazionali che si andavano via via assestando.
Del resto il territorio italiano è da sempre ben definito. Separato dal resto d'Europa a nord dalle Alpi ed altrove dal mare, l'Italia ha - anche geograficamente - una sua ragion d'essere.
Ma ormai questa idea sembra essere superata e nel nord del paese, sondaggi e risultati elettorali alla mano, il modello secessionista Leghista sembra aver preso il sopravvento e quindi nel futuro tutto sembra destinato a cambiare. Parlo di modello secessionista perché il faro che guida la politica della Lega è in fondo (il primo amore non si scorda mai) la secessione, nel senso di creazione di una nazione-stato distinto dal resto della penisola con il fiume Pò suo confine naturale a sud.
Questa ambizione è conseguenza di un percorso storico che ha visto, anche grazie all'unità d'Italia, attraverso l'industrializzazione e le favorevoli condizioni geografiche, la disponibilità di manodopera meridionale facilmente (anche se non immediatamente) integrabile, uno sviluppo economico particolarmente forte delle regioni del nord a fronte di un grande ritardo delle regioni del sud a prevalente vocazione agricola. Il paese vanta quindi un nord ricco e benestante che sopporta e supporta (così si dice) un sud povero ed arretrato che nonostante la generosità delle regioni ricche non riesce a sollevarsi dalla sua misera condizione.
Il bisogno delle regioni ricche di liberarsi di chi si avvantaggia di una condizione parassitaria è assolutamente ragionevole e quindi la secessione, la separazione, quell' ognuno per la sua strada che si dicono i coniugi dopo il divorzio, sembra essere del tutto comprensibile.
L'idea di secessione è ovviamente contrastata da chi invece - rifacendosi alla storia - vede nell'idea di aggregazione, nella forza del numero, dei vantaggi in grado di superare le differenze tra uomini, territori e risorse. Chi ha sognato e sogna un'Europa politicamente unita, un grande nazione Europea, non può che ritenere l'aspirazione all'autonomia, all'indipendenza, solo il retaggio di un antico passato - medioevale come approccio - che crede di saper e poter gestire il suo feudo anche in barba all'imperatore, grazie ad alte mura ed ad un "fedele" esercito di mercenari (non ha caso la Lega fa continuo riferimento ad un momento storico che è tardo-mediovale o pre-comunale, ovvero un periodo che ricorda la situazione attuale, territori ricchi che vogliono autogovernarsi ed affrancarsi dall'impero che parassita risorse).
Quindi sembra proprio che, mascherata da federalismo (che poi federalismo non è perché il federalismo è l'unione di più stati per fini comuni), assisteremo ad una secessione di fatto o meglio ad una "esplosione" del paese in 21 staterelli tenuti insieme da una "costituzione federale" che sarà la vecchia e amata costituzione italiana ampiamente riveduta e corretta.
Con il federalismo demaniale - il primo passo - la questione "territorio" sembra risolta in parte.
Ci saranno contenziosi in futuro, questo è certo, ma il fatto che la regione disponga di un proprio demanio, di propri beni pubblici, è un segnale molto forte. Il fatto che il Pò rimanga in qualche modo "extraterritoriale" in quanto "statale" ricorda non poco il regime di extraterritorialità che riguarda il Danubio, fiume su quale si affacciano più nazioni.
L'approccio regional-nazionale (come potremmo forse definire un regionalismo spinto, per certi aspetti xenofobo) sarà in futuro portatore di conflitti spesso irrisolvibili. Già oggi ne abbiamo un assaggio quando lo stato "centrale" emana norme, che in qualche modo riguardano l'autonomia (la sovranità) regionale, subito partono ricorsi alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione, competenza, ecc.
Stabilire, non solo nelle materie concorrenti ma in tutta la sfera pubblica, dove arriva lo stato centrale e dove quello regionale diverrà via via più complesso.
Il federalismo fiscale, che dovrebbe concedere autonomia impositiva e responsabilizzare nell'utilizzo delle risorse, rischia di rivelarsi anche per le regioni più ricche un terribile boomerang.
La tassazione è una "imposizione" nel senso che un'autorità più forte "impone" il suo volere ed "esige" il versamento di somme per scopi vari e non sempre ben giustificati agli occhi del "tassato" (il termine contribuente è solo più elegante). Per far pagare le tasse occorre forza, si deve essere grandi e grossi e poter contare su amici ancora più forti (essenzialmente un esercito). Se qualcuno non intende pagare le tasse lo Stato ricorre alla forza per farle pagare o comunque interviene (è il caso del crimine organizzato) per impedire o interrompere attività svolte e flussi di denaro che sfuggano al suo controllo.
Come spera un'Amministrazione Regionale di combattere l'evasione, la criminalità affaristica, senza avere a disposizione dei funzionari, un piccolo esercito, in grado di intervenire. Tra l'altro dovendo evitare quei fenomeni di "sub-corruzione" che, nelle piccole comunità, sono più facili ed incontrollabili. In un piccolo paese, un vigile non è in grado di fare multe ai suoi concittadini (non è carino e non e simpatico) e si concentra sui forestieri. Per questo motivo i carabinieri di prima nomina non possono lavorare nei paesi di origine, la loro funzione di "soggetti terzi" ne risulterebbe sminuita; potrebbero avere un occhio di riguardo con i compagni di scuola.
Le Regioni dovranno affiancare alle strutture regionalizzate dell'attuale Agenzia delle Entrate un sistema di esazione del tutto simile a quello nazionale (Equitalia, Commissioni Tributarie, ecc.) ma regionalizzato se non vorranno che fare continuo ricorso allo Stato Centrale (con i suoi tempi). Uno Stato centrale tra l'altro sempre meno interessato a svolgere il ruolo del "cattivo conto terzi" e la cui centralità è e sarà continuamente messa in discussione.
Se per lo Stato centrale è difficile riscuotere le imposte per uno stato parcellizzato diverrà quasi impossibile e sarà costretto a far pagare di volta in volta i singoli servizi per garantire il funzionamento delle strutture pubbliche, con un venir meno di quei servizi totalmente pubblici che non è agevole sottoporre a tariffa (come la pulizia delle strade, la loro manutenzione, ecc.).
Un grosso passo indietro nella storia.
In Bulgaria, dove non navigano nell'oro ed il sistema fiscale non è del tutto funzionante (anche perché prima - con il comunismo - quasi non esisteva), la manutenzione dei marciapiedi è affidata ai negozianti con il risultato che i marciapiedi sono un patchwork assurdo di materiali (con qualche buca qua e la).
Ho paura che si finirà anche da noi, in qualche quartiere, a dover rinunciare del tutto ai marciapiedi.....

giovedì 6 maggio 2010

Il FederEGOISMO fiscale

Si parla tanto di federalismo fiscale come una riforma fondamentale del paese utile a tutti, nord e sud, ricchi e poveri, fessi e furbi.
Non è così. Il federalismo fiscale è solo un espediente per agevolare la "secessione di fatto" del paese in corso ormai da qualche anno.
Dimenticate le sofferenze della guerra (quanti sono ormai gli italiani che hanno vissuto l'ultima guerra.. sempre meno) la generazione del boom economico e i loro figli non hanno conservato quasi nulla di quella solidarietà che univa il paese uscito dal fascismo. Hanno dimenticato che i genitori (o i nonni) erano emigranti e che la loro ricchezza e la loro fortuna ha origini tra le arance della Sicilia, tra le pecore della Sardegna e - perché no - tra le mucche della maremma o in qualche malga sperduta in mezzo alle montagne del trentino (perché anche nelle zone più ricche i poveri e deboli non sono mai mancati). E così al diavolo la solidarietà, la ridistribuzione, la considerazione ed il rispetto per i più deboli, i soldi del nord devono rimanere al nord, il nord ne ha bisogno per la gente.
Che ci faranno con tutti questi soldi non si sa. Tutti dicono che al nord si vive bene, la sanità funziona, il lavoro abbonda, i soldi non mancano, il consumi lievitano. Punteranno forse ad avere strade lastricate d'oro, stipendi lussemburghesi, fuoriserie al posto delle utilitarie, mendicanti in livrea (solo se mendicati padani che elemosinano in lumbard.... ovviamente).
A me questo federalismo sembra solo una bella botta di egoismo nudo e crudo, gente ricca che vuole tutto per se e guai a chi si avvicina. Ho già molto e voglio avere ancora di più.... se non è egoismo... è avidità.

martedì 20 aprile 2010

La cenere e i dirigibili

La cenere di un vulcano dal nome illeggibile e impronunciabile ha riportato l'Europa per qualche giorno indietro di 100 anni. Mentre sulle distanze brevi e medie non ci sono stati problemi, su tutti i voli - o meglio sui viaggi - internazionali si è assistito alla paralisi.Mi viene da pensare c
he la dimensione "nazionale" sia collegata essenzialmente ai mezzi di comunicazione. Quando un posto diventa "troppo lontano" o comunque troppo faticoso da raggiungere questo diventa un'altra cosa, un'altro luogo, una terra straniera. La globalizzazione è essenzialmente merito (o colpa) dell'aereo. Andare da Bruxelles a Roma - senza l'aereo - diventa improvvisamente un viaggio impegnativo, ci devi pensare due volte prima di intraprenderlo.
Possiamo immaginare - oggi - un mondo senza l'aereo ? E' immaginabile un mondo a velocità ridotta, dove l'America torna a essere veramente lontana ?
Forse è il caso di iniziare a pensarci. Abbiamo moto, auto e treni elettrici. L'elettricità si può produrre in vario modo. Ma di aerei elettrici - a parte i modellini - non sembra proprio se ne parli. Ci sono dei prototipi ad energia solare ma sono solo delle grosse zanzare se paragonate ad un Boing 747 o al nuovissimo Airbus 380 da quasi 1000 posti.
Avremo forse nel futuro transatlantici a propulsione nucleare (come i sottomarini) ma di aerei che non utilizzino il cherosene ancora non abbiamo notizie. E il petrolio finirà. O costerà troppo.
Si capisce che ho tanta nostalgia per i dirigibili ?
Vi ricordate il gigantesco GoodYear che passava su Roma quando eravamo piccoli ?
Silenzioso. Quasi fermo. Doveva essere bellisimo viaggiare in quel modo.

venerdì 16 aprile 2010

Fantapolitica

Fini alla rottura con Berlusconi ?.. Vediamo un pò di fare qualche previsione per il futuro.
Fini - dopo il divorzio da Berlusconi - potrebbe decidere di ricostruire la vecchia DC con un'operazione temeraria ma realizzabile.
AN contiene - o conteneva - la destra DC (ala militare - stato) più il vecchio MSI (ala nostalgica-revisionista). La sinistra DC (cattocomunisti, cattolici francescani , cattolici poveri, idealisti in genere) oggi sono ben divisi tra PD e formazioni minori centriste. Forza Italia raccoglie gli ex trombati di tutti i vecchi partiti che sono risorti con Berlusconi quando sarebbero stati destinati all'oblio (e qualcuno forse al carcere.. cosi dicono Travaglio ed altri). La Lega non è un partito "tradizionale" ma piuttosto una gestione commissariale di parti del territorio e sono convinto che gli stessi leghisti (eletti ed elettori) sarebbero ben contenti di poter tornare o ad un ruolo più tranquillo - senza dover essere originali a tutti i costi - all'interno dei vecchi partiti.
Previsioni:
FINI fonda un nuovo partito sulla base delle sue forze attuali. Prende le distanze dagli estremisti di destra siglando preliminarmente un patto di non aggressione in sede parlamentare. Inizia un'attività di logoramento di Forza Italia con l'operazione "ritorno del figliol prodigo" che vede protagonisti parecchi personaggi. Previste cacciate plateali di traditori (alcune).
Nottetempo raccoglie attorno a se tutta la vecchia sinistra DC di fatto sposandone tutte le posizioni politiche, dalle riforme al fisco, ecc. e stipula un compromesso con il PD e con le forze minori oggi fuori dal parlamento per un ritorno al proporzionale puro in sede nazionale (massima rappresentatività) e per un maggioritario col doppio turno in sede locale (massima semplicità).
In cambio della cacciata di Berlusconi il PD (ex PCI) concorda per un governo para-istituzionale che vede l'appoggio esterno delle sinistre a quello che sarebbe in pratica un monocolore ex DC.
A questo punto si torna a parlare del futuro dell'Italia.

mercoledì 14 aprile 2010

Oggi parliamo di economia

Le notizie sulla crisi economica sono sempre più allarmanti. Mi piace - e mi gela il sangue - una frasetta molto di moda in questi giorni che suona più o meno così: "guardiamo i numeri! I numeri non sono ne di destra ne di sinistra ! I numeri ci dicono che...". Quello che segue - ovviamente - non è la lettura dei numeri ma un pensiero assolutamente di parte - di destra o di sinistra - dove il raffronto dei numeri è sempre "di comodo".
Quindi potremmo partire dall'assunto che, visto che occorre continuamente "invocare" i numeri, tutto il resto è pura fandonia. Ne conseguo che tutte le volte - e succede spessissimo - che si parla di economia senza numeri le nostre affermazioni sarebbero ascrivibili alla pura immaginazione o al sogno.
E' invece sono convinto che non è così.
Non è così perché in numeri in economia, parlo della macroeconomia, non sono mai sufficientemente rappresentativi della realtà. Esiste un salto enorme in economia tra la microeconomia che ragiona in termini di impresa, di bilancio famigliare, e la macroeconomia che ragiona in termini statistici di imprese e famiglie. Manca una logica intermedia che sia in grado di cogliere quelle sfumature che il PIL e le grandezze economiche non riescono a registrare.
Forse la soluzione potrebbe essere quella di affrontare il problema per categorie omogenee, strutturare una "economia per aggregati economici" forse per "corporazioni" se il termine non riportasse troppo a precedenti esperienze (mai abbastanza studiate).
Al'interno di questi gruppi omogenei la rappresentazione per grandezze macro (nuove grandezze tutte da inventare) potrebbe permettere una analisi più coerente e permetterebbe forse interventi "mirati".
In meccanica possiamo osservare un motore in vari modi. In un'ottica"macro" vediamo una cosa in cui mettiamo benzina, olio, acqua e ci tira fuori un certo numero di kilometri percorsi. Possiamo osservarlo - in un'ottica "micro" - nei suoi componenti e studiare il comportamento del singolo cuscinetto, il suo funzionamento, la sua usura. Il meccanico però, che è quello che deve capire quello che non va e far funzionare il motore, interviene su parti funzionali, su quelli che identifica come pezzi di ricambio, sulla batteria, la pompa, il radiatore, sugli "organi" del motore.
Proporrei per questo approccio il termine "economia organica" ne senso di economia degli organi economici (organi del sistema economico). La definizione di questi organi è tutta da studiare partendo dall'idea della "stessa barca". Un organo economico è un aggregato di soggetti che si trovano a veleggiare in identiche condizioni (lo stesso mare per tutti, lo stesso sole, lo stesso vento, la stessa meta, lo stesso carico, le stesse scorte di cibo) ed interessati collettivamente ed individualmente alla sopravvivenza ed in tal senso anche in concorrenza tra loro.

martedì 9 marzo 2010

Giustizialismo.... mmmh

  • Leggo spesso che Di Pietro viene definito un giustizialista e giornali come il Corriere o Il Sole ritengono questa condizione come uno dei motivi per i quali il PD non deve - o non dovrebbe - seguire l'Italia dei Valori nelle sue battaglie.

    Su internet, sul Sabatini-Colletti trovo:


    giustizialismo [giu-sti-zia-lì-smo] s.m.

    1 Teoria e pratica politica del governo del presidente argentino J.D. Perón (1895-1974), che univa populismo e autoritarismo

  • 2 Con valore polemico, atteggiamento di chi appoggia senza riserve l'azione della magistratura contro la corruzione, anche a scapito delle garanzie individuali del cittadino


    Prese per buone queste definizioni la prima non mi sembra appropriata ne per Di Pietro ne per il PD, anche perchè l'atteggiamento "Peronista" è quello che si attribuisce "all'uomo solo al comando" - Peron appunto - e quindi si potrebbe dare del "giustizialista" ad altri.

    La seconda, che come dice la definizione ha appunto valore polemico, a me tutto sommato non dispiace se non per la parte "anche a scapito delle garanzie individuali del cittadino".

    Quest'ultima parte - o meglio il suo contrario -è un'altro appellativo polemico attribuito alla sinistra che invece è all'opposto "garantista" tutte le volte che proprio sul cittadino cerca di tutelare i diritti dell'imputato -anche colpevole - a scapito delle forme di "giustizia sommaria" spesso invocata dalle masse per fatti di sangue o anche solo per i crimini comuni degli extracomunitari.

    Vedo anche questa volta confermato che le posizioni del PdL si dimostrano quanto mai a geometria variabile per cui gli avversari sono giustizialisti se si parla dei reati dei "ricchi" (corruzione, falso, ecc.) ma di contro garantisti sui reati dei poveri. La destra è invece all'opposto giustizialista con i poveri e garantista con i ricchi.

    Il PdL è riuscito in questi anni a far fare enormi passi indietro al paese in termini politici.

    L'Italia nel dopoguerra era il paese di Don Camillo e Peppone, dove due visioni diverse si scontravano in termini generali sul futuro del paese, visioni diverse ma comunque articolate, complesse, trasversali, che immaginavano entrambe un futuro migliore per l'intero paese e per le classi sociali in termini dinamici.

    Forse le disgrazie della guerra che avevano colpito a tutti i livelli rendevano gli uomini consapevoli di quanto tutto fosse alla fine precario e solo l'impegno ed il lavoro come anche la solidarietà ed il rispetto fossero il minimo comune denominatore di un grande paese.

    Oggi tutto è ridotto ad una disputa tra patrizi e plebei.