mercoledì 21 luglio 2010
L'Italia che verrà - 6 - La Repubblica Federale Italica
La riforma costituzionale del 2035 aveva nei fatti smembrato il paese lasciando alla Repubblica Federale Italica definita nella riforma costituzionale federale del 2020 solo i territori dell'appennino centrale e l'area metropolitana della capitale. Le regioni Umbria, Marche, Abruzzo e Molise erano rimaste integralmente parte della Repubblica mentre l'Emilia Romagna si era trovata divisa in due. L'appenino romagnolo - la Romagna - era rimasta in qualche modo fedele allo stato federale mentre i comuni dell'Emilia nella crisi del 2028 (tra l'altro con problemi all'interno delle amministrazioni provinciali) avevano per lo più optato per l'adesione alla Libera Unione delle Province Padane. L'amministrazione regionale con sede a Bologna dovette affrontare il problema della divisione all'interno del suo territorio risolvendolo in maniera quanto mai fantasiosa. Tutta la regione Emilia Romagna rimaneva parte della Repubblica Federale Italica ma i Comuni dell'Emilia godevano di uno speciale regime di extraterritorialità per il quale tutte le attività amministrative "ordinarie" erano riconducibili alla libera unione delle Province Lombarde (commercio, anagrafe, sanità, ecc.) mentre la gestione delle grandi infrastrutture e delle relazioni internazionali era rimasta nelle mani dell'Amministrazione Regionale che rimaneva comunque regione federata della Repubblica alla quale veniva riconosciuta comunque la gestione della difesa e della giustizia e gli introiti di un sistema di dazi e di pedaggi che era stato imposto al momento della secessione delle province del Nord. I territori dell'Emilia divennero quindi una sorta di strano protettorato della Repubblica Federale con forti legami con la Libera Unione delle Province Lombarde. Questa condizione si trasformò in breve in una fiscalità di vantaggio in quanto il sistema dei dazi e dei pedaggi ricadeva essenzialmente sulle imprese e i lavoratori dell'area lombarda con la conseguenza che la Transpadania divenne rapidamente una sorta di paradiso fiscale dove molti reati di natura tributaria non erano nemmeno perseguiti. La città di Bologna dove aveva sede l'amministrazione regionale federata accolse al suo interno anche le strutture amministrative dei comuni della transpadania (che altro non erano che le strutture dell'amministrazione provinciale di Bologna riconvertite ad amministrazione dei comuni transpadani). La coesistenza all'interno della città delle due strutture e quindi del personale delle due amministrazioni (ma anche alcune strutture dell'università e molte scuole superiori ed un ospedale erano rimasti sotto l'amministrazione ex provinciale) comportava la coesistenza di regimi giuridici diversi tra i cittadini della Repubblica Federale e e quelli della Transpadania i quali in generale erano tenuti al rispetto della normativa della Libera Unione. La città di Bologna divenne quindi già dal 2030 un territorio in cui si riconosceva la doppia cittadinanza dei residenti che dovevano osservare la più restrittiva tra le normative applicabili ma potevano godere dei servizi di entrambe le amministrazioni li dove fossero ancora presenti delle duplicazioni. Per esempio la libera Unione delle Province (poi Longobardia dal 2035) aveva vietato sia i matrimoni gay che quelli interconfessionali (che invece erano rimasti ancora possibili nella Repubblica Federale) e quindi a Bologna non era possibile celebrarli; in caso di malattia si poteva far ricorso sia all'ospedale Federale che a quello Longobardo (più moderno ed elegante) ma quest'ultimo era da preferire solo per i casi meno gravi per la scarsa attenzione che veniva prestata ai malati terminali (frequenti le pratiche libera-letto al limite dell'eutanasia). Per l'università, allo scopo di evitare forme di concorrenza al ribasso (due esami al prezzo di uno ecc.) si era stati costretti a stabilire un regime di mobilità assoluta degli studenti che vantavano il mutuo riconoscimento di tutti gli esami sostenuti sulla base di un sistema di crediti fissati da una commissione congiunta. Questo comportò da un lato che lo stesso esame valesse diversamente tra l'università federale e quella longobarda ma anche che si potessero sommare i crediti sostenendo due volte lo stesso esame nelle due facoltà (non proprio lo stesso, in genere cambiava la definizione della materia ed il testo di riferimento.. tipo Analisi Matematica e Analisi algebrica, Diritto civile e Diritto dei cittadini, ed altre " furbate" del genere). Mentre la ex Emilia Romagna viveva al suo interno questa grave divisione le altre regioni erano riuscite a conservare essenzialmente intatte le strutture amministrative definite con la riforma federale del 2020. Risultò fondamentale in queste regioni la tradizione storica che riconosceva ai "marchigiani" la funzione di esattori delle imposte. Furono infatti le Marche a definire per prima tra le regioni un sistema esattoriale che abolendo il sistema dell'auto-dichiarazione affidava ad un corpo scelto di esattori armati la funzione dell'accertamento e dell'incasso di tasse e imposte. Ci furono invero alcuni episodi disdicevoli, qualche fenomeno di vessazione nei confronti di ex mogli o di rivali in amore, ma la riforma portò il livello di evasione fiscale ad uno 0,1% riconducibile esclusivamente ad errori di trascrizione dei documenti contabili. A Roma l'Amministrazione Centrale visto il successo della riforma emanò delle linee guida di indirizzo (non avendo più potestà legislativa nella materia) che furono recepite dall'Umbria, dall'Abruzzo e dal Molise che ne ebbero i medesimi vantaggi. Anche il Lazio fece propria la normativa ma la sua applicazione trovò delle difficoltà aggiuntive per il fatto che la selezione dei corpi d'élite fiscale, vista la numerosità delle domande presentate, fu particolarmente farraginosa. Questo fu probabilmente dovuto al fatto che per evitare qualsiasi forma di corruzione era assicurato all'esattore una percentuale consistente dell'incasso e la concentrazione nella capitale di redditi medio alti avrebbe garantito all'esattore incassi dieci o venti volte superiori alla media che pure era molto elevata. Nel 2035 , l'anno dello smembramento, gli unici sistemi fiscali funzionanti ed identici erano quelli delle regioni della Repubblica Federale Italica che vantava il forte coordinamento delle storiche strutture amministrative insediate nella capitale. Al Nord la Longobardia aveva nel frattempo abolito le imposte dirette utilizzando un sistema basato solo sulle tariffe per i servizi e su imposte indirette applicate sulle transazioni finanziarie. In pratica i servizi pubblici venivano finanziati attraverso il pagamento diretto a tariffa del servizio con sconti per i meno abbienti. I fondi necessari per le politiche di minima solidarietà erano costituiti da un sistema di raccolta di offerte volontarie (molto molto povero di fondi) e da un prelievo sulle transazioni bancarie del 2% su ogni operazione (accompagnato dal divieto dell'utilizzo di contanti per importi superiori ai 10 €). Mentre per i piccoli importi il 2% poteva considerarsi irrisorio per i grandi importi costituiva un valore consistente e si iniziarono ad affermare dei sistemi di pagamento alternativi detti "contratti di scambio" non espressamente vietati dalla normativa e che si possono ricondurre - in forma più elaborata - al baratto delle merci di antichissima memoria. Al Sud e nelle isole dove le amministrazioni regionali non erano state in grado neanche di abbozzare una riforma fiscale, erano quindi rimaste in vigore le stesse norme del 2020 (che altro non erano che quelle dell'ultimo federalismo fiscale del 2012) assolutamente inadatte a gestire localmente il sistema del prelievo fiscale per l'impossibilità materiale di applicare qualsiasi sanzione agli evasori. Nel giro di pochi anni le esattorie comunali avevano accumulato in queste regioni una quantità di cartelle esattoriali (tra multe, tassa rifiuti ed imposte varie) inevase pari a circa 5 volte il numero degli abitanti con un conseguente tracollo del gettito e le conseguenze a cui ho già accennato. (segue)
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Peccato che quella Roma metropoli sia ridicola, in quanto già in Italia ci sono aree metropolitane ben più grosse di Roma, come Milano e Napoli. Non facciamo finta che Roma sia Parigi per favore.
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