mercoledì 27 novembre 2013

La scelta

Una legge di un paio di mesi fa ha trasformato il posto dove lavoro, un Dipartimento del Ministero dello Sviluppo Economico in una Agenzia "governativa" lasciando la possibilità a noi dipendenti di "optare" per rimanere in organico al Ministero piuttosto che transitare d'ufficio nella nuova Agenzia per la Coesione.
Si pone il problema di fare un scelta non da poco, il lavoro nel bene e nel male costituisce un buon 50% (possiamo discutere sulla percentuale) della vita di ognuno e quindi non è come scegliere il telefonino (cosa che pure causa un certo stress).
Come si fanno le scelte nella vita ? Ho pensato e ripensato ad altre scelte nel passato e mi sono accorto che in fondo quasi tutte le scelte che si fanno sono sostanzialmente al buio. Si scegli sulla base di una serie di ipotesi, di aspettative, anche di illusioni, tutte collegate ad una tale complessità di eventi che una valutazione attenta delle conseguenze della singola scelta è, credo, umanamente impossibile. 
Un giocatore di scacchi, quando fa una mossa valuta le possibili contromosse dell'avversario, quindi le sue, costruisce così una serie di scenari possibili e sceglie quello che appare il più conveniente. Il computer fa lo stesso, attribuisce punteggi ai possibili scenari e sceglie la mossa che lo porterebbe a quelli più elevati fino allo scacco matto.
Non è però possibile affrontare le scelte come una partita a scacchi, molto più numerose sono le variabili in gioco, decisamente più imprevedibili le contromosse del futuro e della fortuna. Dobbiamo poi aggiungere nei nostri conti alcune componenti di natura "sociologica" che non possiamo sottovalutare; non possiamo - la maggior parte di noi - trattare le persone a noi vicine come pezzi degli scacchi, magari "sacrificabili" per raggiungere un obiettivo o uno scopo diverso; già i pezzi degli scacchi non sono tutti uguali, a maggior ragione le persone sono tutte diverse e diversa è l'importanza che gli attribuiamo nei diversi momenti della nostra vita. Per cui nel cambiare lavoro hanno un peso anche le amicizie, i colleghi, il clima ed in generale l'ambiente di lavoro a cui uno con il tempo, nonostante tutto, si abitua fino ad affezionarsi.
La scelta quindi per essere agevole, immediata, facile, dovrebbe contrapporre possibilità immediatamente diverse. Se le differenze sono ignote e futuribili la scelta è necessariamente "al buio".
Quando uno cambia per guadagnare molto di più (o per tutelare -non mettere in forse - certe posizioni acquisiste), perché valuta sicure prospettive economiche e/o di carriera, la scelta è facile, direi obbligata. Ma quando le differenze economiche  non sono così rilevanti, non così sicure, allora tutto diventa difficile, si passa alle ipotesi dei possibili sviluppi come anche a delle vere e proprie analisi di rischio, ovvero: nella malaugurata ipotesi che... che... o... che... non è che... oppure che... che... che.. non è che finisco tra la sempre più numerosa schiera dei disoccupati ?
Così a governare molte scelte, se uno ci pensa, non è proprio la razionalità, la logica, quanto piuttosto la "pancia", le sensazioni, l'ottimismo o il pessimismo del momento, la paura, l'idea che uno si fa di un plausibile futuro e le relative aspettative come anche, spesso, uno spirito di emulazione, il seguire quello che fanno gli altri, magari gli amici, i colleghi, i capi e perché no, i furbi di professione, quelli che fanno sempre la scelta giusta.
Dal canto mio, già da qualche giorno, ho deciso che, essendo fondamentalmente un pigro, nella generale incertezza, sicuro di perdere qualche cosa come anche speranzoso di guadagnare qualcosa in più, poco propenso a ricominciare da capo in un altro ambiente di lavoro, assolutamente affezionato ai miei colleghi (indipendentemente dalla loro razza, sesso, credo e tipo di contratto) nonostante la maschera ostile e arcigna che a volte mi diverto di indossare con qualcuno di loro, non posso far altro che rimanere nella nuova Agenzia. Speriamo bene...

lunedì 22 aprile 2013

A tutti gli uomini liberi e forti... fa sempre bene una rinfrescatina alla memoria



Riporto un vecchio testo che, nonostante facebook, twitter, la rete e tutte le altre menate dell'era digitale, rimane ancora attualissimo. Si tratta di punti fondamentali da cui si può e si deve ripartire. A seguire il programma politico. In rosso i miei personali commenti.


A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della «Società delle Nazioni».
E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.
Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola angusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l'avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffatrici dei forti.
Al migliore avvenire della nostra Italia - sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano - che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldta la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d'entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.

Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell'Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l'autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.

Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl'individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.

Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall'anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all'autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.
Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l'incremento delle forze economiche del Paese, l'aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l'analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.

Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principi del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell'organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.

A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell'amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e domandiamo l'adesione al nostro Programma.

Roma, lì 18 gennaio 1919

Il programma

I - Integrità della famiglia. Difesa di essa contro tutte le forme di dissoluzione e di corrompimento. Tutela della moralità pubblica, assistenza e protezione dell'infanzia, ricerca della paternità.
Mi sembra perfetto (a parte la necessità di piccoli aggiornamenti linguistici...).

II - Libertà di insegnamento in ogni grado. Riforma e cultura popolare, diffusione dell'istruzione professionale.
Ci siamo. Lo possiamo lasciare così.

III - Riconoscimento giuridico e libertà dell'organizzazione di classe nell'unità sindacale, rappresentanza di classe senza esclusione di parte negli organi pubblici del lavoro presso il comune, la provincia e lo Stato.
Si conferma

IV - Legislazione sociale nazionale ed internazionale che garantisca il pieno diritto al lavoro e ne regoli la durata, la mercede e l'igiene. Sviluppo del probivirato e dell'arbitrato per i conflitti anche collettivi del lavoro industriale e agricolo. Sviluppo della cooperazione. Assicurazioni per la malattia, per la vecchiaia e invalidità e per la disoccupazione. Incremento e difesa della piccola proprietà rurale e costituzionale del bene di famiglia.
Qui ce da fare qualche piccolo aggiornamento linguistico e terminologico ma c'è tutto.

V - Organizzazione di tutte le capacità produttive della nazione con l'utilizzazione delle forze idroelettriche e minerarie, con l'industrializzazione dei servizi generali e locali. Sviluppo dell'agricoltura, colonizzazione interna del latifondo a coltura estensiva. Regolamento dei corsi d'acqua. Bonifica e sistemazione dei bacini montani. Viabilità agraria. Incremento della marina mercantile. Risoluzione nazionale del problema del mezzogiorno e di quello delle terre riconquistate e delle province redente.
Questo lo prenderei paro paro con qualche piccola integrazione.


VI - Libertà ed autonomia degli enti pubblici locali. Riconoscimento delle funzioni proprie del comune, della provincia e della regione, in relazione alle tradizioni della nazione e alle necessità di sviluppo della vita locale. Riforma della burocrazia. Largo decentramento amministrativo ottenuto anche a mezzo della collaborazione degli organismi industriali, agricoli e commerciali del capitale e del lavoro.
Lo darei per scontato.

VII - Riorganizzazione della beneficenza e dell'assistenza pubblica verso forme di previdenza sociale. Rispetto della libertà delle iniziative e delle istituzioni private e di beneficenza e di assistenza. Provvedimenti generali per intensificare la lotta contro la tubercolosi e la malaria. Sviluppo e miglioramento dell'assistenza alle famiglie colpite dalla guerra, orfani, vedove e mutilati.
Qui è necessario un aggiornamento all'attualità, ma va bene. Metterei cancro e malattie invalidanti al posto di tubercolosi e malaria e assistenza alle famiglie colpite dalla crisi, figli di separati e madri e padri abbandonati, disabili.

VIII - Libertà ed indipendenza della chiesa nella piena esplicazione del suo magistero spirituale. Libertà e sviluppo della coscienza cristiana, considerata come fondamento e presidio della vita della nazione, delle libertà popolari e delle ascendenti conquiste della civiltà nel mondo.
Anche questo lo darei per scontato.


IX - Riforma tributaria generale e locale, sulla base dell'imposta progressiva globale con l'esenzione delle quote minime.
Solo piccolissimi ritocchi.

X - Riforma elettorale politica con il collegio plurinominale a larga base con rappresentanza proporzionale. Voto femminile. Senato elettivo con prevalente rappresentanza dei corpi della nazione (corpi accademici, comune, provincia, classi organizzate).
Si, il proporzionale puro è decisamente  l'unica soluzione per il nostro paese. Un Senato delle associazioni, degli ordini, (una sorta di CNEL), non sarebbe una cattiva idea.

XI - Difesa nazionale. Tutela e messa in valore della emigrazione italiana. Sfere di influenza per lo sviluppo commerciale del paese. Politica coloniale in rapporto agli interessi della nazione e ispirata ad un programma di progressivo incivilimento.
Va aggiornato. Ma neanche tanto. Coloniale può dar fastidio ed è superato come termine. Ci si può mettere espansione verso i nuovi mercati dei paesi in ritardo di sviluppo.


XII - Società delle nazioni con i corollari derivanti da una organizzazione giuridica della vita internazionale: arbitrato, abolizione dei trattati segreti e della coscrizione obbligatoria, disarmo universale.
Da sostituire. Ora c'è l'Unione Europea e molte cose (la coscrizione ad esempio) sono da considerarsi superate. Il disarmo però rimane sempre un grosso problema per il mondo.

LA COMMISSIONE PROVVISORIA
On. Avv. Giovanni Bertini - Avv. Giovanni Bertone - Stefano Gavazzoni - Rag. Achille Grandi - Conte Giovanni Grosoli - On. Dr. Giovanni Longinotti - On. Avv. Prof. Angelo Mauri - Avv. Umberto Merlin - On. Avv. Giulio Rodinò - Conte Avv. Carlo Santucci - Prof. D. Luigi Sturzo, Segretario Politico.

giovedì 21 febbraio 2013

Per chi votare? Il dubbio mi assale

Si avvicinano velocemente le elezioni. Ormai a pochissimo dall'apertura dei seggi mi schiero con il nutrito gruppo degli indecisi. Che fare ? Chi votare ?
Non avendo parenti e/o amici da sostenere direttamente per amicizia - mi vedo costretto (come sempre) ad un voto dal taglio squisitamente politico, ovvero una scelta di idee e di programmi più che eventualmente di persone.
Personalmente non mi ritrovo appieno in nessuno dei programmi presentati ovvero mi ritrovo, per punti, in tutti. 
Ho fatto uno di quei test per valutare, in funzione di una serie di domande, dove uno si "colloca" politicamente, ma il risultato non mi è  sembrato un granché; probabilmente era mal costruito. 
Del resto i programmi dei Partiti sono la sintesi dei sondaggi rivolti a quelli che sono o pensano possano essere possibili elettori. In concreto una somma di risultati statistici. Gli unici che provano ancora ad ignorare i sondaggi e a resistere su delle posizioni di principio sono il Papa, i vescovi  e i loro corrispondenti delle altre religioni, ma pure le loro idee se finiscono in minoranza perdono forza, però questo è un altro discorso.
Ogni partito si è sforzato in questi giorni di apparire come l'unica scelta possibile per "salvare" il paese.
Ognuno poi ovviamente si sceglie "da cosa o da chi" salvare il paese. 
Monti vuole salvarlo dalla crisi/fallimento. 
Vendola vuole salvarlo da Berlusconi. 
Berlusconi vuole salvarlo da Monti, Bersani, Giannino, Grillo.
Grillo vuole salvarlo da tutti gli altri. 
Bersani vuole salvarlo punto.
Ovviamente nessuno di loro è in grado di salvare alcunché se non quel ristretto gruppo di persone che una volta elette si ritroveranno talmente in alto che qualsiasi alluvione, per quanto possa piovere ed allagare tutto, non potrà mai raggiungerli e coinvolgerli personalmente.
Gli eletti si salveranno (suona biblico vero), dalla crisi, dallo spread, dalla spending rewiew, dai tagli, dalla disoccupazione, dagli aumenti, dal rosso in banca, dalla cassa integrazione, da tutto. 
Una morale "altruista" vorrebbe che i primi a salvarsi si impegnino a salvare anche gli altri. Quindi se  parcamente punto alla mia personale salvezza ed a a quella delle persone a me vicine devo individuare chi, uno volta in salvo, abbia l'animo di intervenire, di muoversi, per gli altri (tra cui il sottoscritto).
Devo votare, eleggere, qualcuno che, dato per scontato che una volta eletto punterà a consolidare la sua personale posizione e quella di quelli a lui più vicino, subito dopo inizi a lavorare per gli altri, per tutti.
Avendo premesso a tutto un base altruistica devo escludere a priori chi altruista non è per Statuto tipo la Lega (prima il Nord... io sto a Roma, quindi...). 
Il PdL è altruista ? Dopo aver sistemato le sue cose Berlusconi penserà a me ?  Pur essendo Berlusconi generosissimo (forse più con le donne che con gli uomini) non lo vedo in alcun modo avvezzo al sacrificio (perché bisogna un pochino sacrificarsi per fare del bene agli altri). Ne lui ne tutti i suoi amici e sostenitori mi sembrano campioni di generosità (no tasse, non crisi, no poveri, no patrimoniale, ecc.).
Monti è i suoi sono una compagine altruista ? Non è forse Monti qualcuno che già salvo di suo per una serie di fatti (ricco, senatore, ecc.) con la sua candidatura riuscirà a "salvare" molte persone a lui vicine e alle quale deve qualcosa ? Dopo di che riuscirà, salvate banche, banchieri e tutti i suoi grandi elettori a pensare anche a  tutti gli  altri ? O non avrà tempo.
Bersani ? A parole sembra ben intenzionato a fare la cosa giusta ma, sempre a parole, sulle buone intenzioni Grillo lo supera alla grande. Tra l'altro Bersani, rappresentando un grande partito, ha veramente tante tante persone da salvare. Dovrà fare delle scelte. Non è che fra tutti si dimentica proprio di quelli come me ?
I Grillini, nuovi nuovi in Parlamento, saranno in grado di ricordarsi degli altri, dei tantissimi, rimasti fuori oppure si fermeranno a guardare inebetiti il panorama che si vede da lassù, avvolti nelle poltrone, abbagliati dagli stucchi dorati (la location non è male).
E poi ci sono i temi etici, i diritti, l'Europa, l'eutanasia,ecc. ; domande che trovano nei Partiti risposte sempre diverse eppure sempre uguali, in generale contraddittorie. I sondaggi creano un sacco di problemi ed alcune posizioni,  che puntano ad un certo elettorato, rischiano di allontanare gli altri, tanto che le posizioni dei partiti maggiori quando non espresse sono sicuramente poco chiare. 
Non dimentichiamoci poi del "voto utile". Altra questione dovuta al sistema elettorale che spinge a votare per i Partiti maggiori, limitando in concreto la scelta. Un singolo voto conta già poco, se poi uno lo spreca pure, tanto vale rimanere a casa.
Ho così condiviso le mie incertezze... probabilmente risolverò il tutto solo all'ultimo momento, in cabina elettorale.
Ma invece di eleggerli i parlamentari, non sarebbe meglio sorteggiarli all'anagrafe tra i cittadini maggiorenni ? Il caso sarebbe sicuramente imparziale, non influenzabile, difficilmente corrompibile, ed avremmo in Parlamento, nel bene e nel male, un campione statisticamente rappresentativo del paese (ci potrebbero capitare statisticamente - tasso di criminalità 0,75% - anche 7 o 8  parlamentari sui 1000 con  problemi con la giustizia, ma me farei una ragione).

venerdì 1 febbraio 2013

Sempre meno laureati

Notizia di questi giorni è il costante calo di laureati nel nostro paese. Ovviamente si registra nel contempo la diminuzione di professori ed il generale de-finanziamento delle università e della ricerca. Se studenti e professori sono diminuiti del 20% probabilmente anche la spesa ha seguito un andamento simile, comunque l'evoluzione dei costi in generale sempre aver penalizzato gli investimenti con il risultato di avere università con sempre meno insegnanti, attrezzature, studenti.
Il primo grido che si è levato è stato: "più soldi per l'università" (qualsiasi cosa accada nel nostro paese la prima richiesta è sempre quella).
Altre statistiche ci dicono che nel nostro paese non c'è lavoro per i laureati (nemmeno per gli operai a dire il vero). C'è richiesta di tecnici specializzati, chiamiamoli "superdiplomati" ovvero di figure più che idonee a svolgere un certo lavoro ma che costino il meno possibile. Va da se che un laureato è un ottimo operatore di call center, la sua laurea viene declassata a "superdiploma".
Allo stesso tempo la laurea nel nostro paese è condizione spesso non necessaria per raggiungere posizioni elevate. All'estero invece i nostri laureati trovano lavoro e fanno carriera a conferma che le nostre università sono comunque in grado di produrre eccellenza, ovvero laureati eccellenti (merito anche delle qualità individuali, spesso sovrabbondanti nel nostro paese). 
Tentiamo una sintesi:
Il valore della laurea è molto scarso nel settore privato (non distingue, non discrimina). Amicizie, parentele, conoscenze, possono tranquillamente controbilanciare qualsiasi brillante curriculum accademico. Rimane un pezzo di carta il cui valore è variabile, una sorta di biglietto di invito, se ne sei in possesso spesso vale poco (vedi che fanno entrare pure chi non ce l'ha), se non ce l'hai vali poco tu, dipende dal buttafuori alla porta del locale.
Nel settore pubblico è solo un indispensabile titolo di accesso (una specie di biglietto di entrata al cinema.. si strappa all’'ingresso.. i posti sono numerati… è bene conoscere la bigliettaia per non trovarsi nelle ultime file). Una volta entrati altri meccanismi permettono di guadagnare i posti migliori.
Nelle professioni vale quanto detto nel settore pubblico con l’'aggravante che si tratta di lavoro privato e quindi il biglietto è senza numero e non da neanche diritto a sedersi (capace che entri, resti in piedi e non vedi nulla…; importantissimo conoscere qualcuno delle prime file e saper sgomitare).
La laurea pur costituendo effettivamente in molti casi una barriera all’'entrata (se uno ne è privo,… ma si sa.. i titoli, se proprio serve, in qualche modo si possono acquisire), non garantisce ne un lavoro, ne del lavoro, ne un carriera, ne un certo livello di reddito. In concreto un investimento molto rischioso.
In generale quindi studiare non conviene…, o comunque conviene poco a molti e molto a pochi, ed essendo l'offerta di qualsiasi bene o fattore sempre elastica sul lungo periodo, ad un calo della domanda o comunque dei prezzi non può che seguire una diminuzione dell'offerta. Aggiungiamo che questa diminuzione dell'offerta è stata in qualche modo politicamente auspicata con l'innalzamento delle barriere all'accesso ai corsi di studi, questo attraverso l'aumento delle tasse universitarie senza il finanziamento di borse di studio (tagliamo fuori le fasce più povere, art. 34 della Costituzione... marameo); ma anche con l'introduzione del numero chiuso e di un sistema di selezione (quiz  per tutti) che ha già dimostrato di essere assolutamente inadatto, inadeguato e sbagliato visto che la percentuale di insuccesso (iscritti mai laureati) non è variata, per non parlare degli scandali e del "mercato" (corsi, testi, ecc.) che questo sistema ha messo in piedi.
Per concludere, la statistica conferma nonostante tutto che ancora esiste una proporzionalità tra il titolo di studio ed il reddito pro-capite. Mediamente i laureati guadagnano di più dei diplomati, ed i diplomati più del solo obbligo scolastico, ma allo stesso tempo si osserva che i titoli di studio si "tramandano" in genere da padre in figlio. Viene da domandarsi se è laurea che permette un maggiore reddito e benessere o al contrario è il benessere che implica la laurea ? Se, come penso io, la condizione familiare è sempre più una importante premessa per il raggiungimento di titoli di studio superiori una certa responsabilità per la diminuzione dei laureati è certo attribuibile all'impoverimento delle famiglie italiane, che non possono più permettersi di far studiare i figli oppure preferiscono di non investire nello studio (visto il rischio di insuccesso, vedi call center) e preferiscono favorire altre iniziative come il commercio, il lavoro autonomo, l'artigianato e anche, come giornali e TV spesso sottolineano, un ritorno alle attività agricole.