giovedì 15 dicembre 2011

Lo sciopero: roba superata ?

Tutti i giorni le organizzazioni sindacali parlano di sciopero, minacciano lo sciopero, proclamano lo sciopero. In altri casi sono direttamente il lavoratori che entrano in sciopero per i più diversi motivi. Perché si sciopera? Ovvio, per protestare e cercare di ottenere dalla controparte qualcosa che si desidera in termini di miglioramento delle condizioni di lavoro, di paga, ecc. 
Quindi abbiamo in gioco teoricamente due attori, i lavoratori e la controparte (teoricamente le imprese) e lo sciopero dovrebbe costituire un'azione anche gravosa per i lavoratori ma comunque in grado di intervenire sulla controparte in termini concreti: in parole povere se i lavoratori scioperano la controparte subisce (dovrebbe subire) un danno concreto. Se in un'attività produttiva del settore agricolo o manifatturiero il lavoratori si fermano si assiste ad un concreto blocco della produzione, alla perdita o all'ammaloramento dei frutti, al fermo della catena di montaggio, all'impossibilità di consegnare la merce ed in generale di onorare i contratti. I lavoratori perdono lo stipendio ma l'impresa perde "tutto il resto".
In quelle attività produttive dove la giornata, o le giornate di sciopero, comportano un danno immediato in termini economici lo sciopero rimane, nell'ipotesi di realtà produttive forti e redditizie, probabilmente uno strumento di una qualche efficacia. Se ci si pensa un attimo lo sciopero, il diritto di sciopero, nasce in queste realtà, nell'agricoltura, nell'industria estrattiva o di processo, dove fermarsi è sempre molto costoso per tutti.
Mi domando se oggi, in un mondo molto diverso da quello in cui lo sciopero ha avuto origine ed attuazione come strumento di lotta, questo sia ancora qualcosa di attuale ed efficace. Facciamo qualche analisi:
Sciopero in agricoltura: ha senso fino a quando i prodotti non raggiungono i frigoriferi. A quel punto i tempi si dilatano, le consegne possono essere comunque effettuate almeno finché non si esauriscono i magazzini (tutta la filiera). Occorrono molti giorni prima che certi prodotti inizino a mancare e comunque spesso si tratta di prodotti sostituibili con altri.
Sciopero nell'industria : ha senso solo quando non si fa, ovvero nei periodi di espansione, di forte domanda, quando il blocco della produzione si traduce in riduzione di vendite. Nei periodi, come l'attuale, probabilmente è utile a svuotare qualche magazzino stracolmo e a ridurre i costi di aziende in difficoltà. Rimane incisivo, ma si tratta di posizioni privilegiate, l'interruzione di un certa attività ne danneggia altre con un evidente danno economico.
Sciopero nei trasporti e negli altri servizi pubblici essenziali (sanità): è quello che realizza uno spostamento del danno dalla controparte (che è però in genere pubblica) sulla popolazione. E' uno sciopero molto dannoso ed interviene su meccanismi complessi in cui l'utenza viene danneggiata ingiustamente per fare pressione - attraverso la politica che è costretta ad intervenire a tutela dell'interesse pubblico - sulla controparte (l'azienda pubblica,  ferrovie, ecc.). Lo sciopero in questi settori è un'arma talmente forte e squilibrata che è limitato per legge. E' mia opinione che, visto il gran numero degli scioperi specialmente nel settore dei trasporti, questo sia oggi sproporzionatamente vantaggioso per i lavoratori e gli addetti del settore (in grado di ricattare l'interlocutore a fronte di un costo/rischio minimo). Probabilmente andrebbe del tutto vietato lo sciopero assimilando certi settori alla difesa ed alle forze dell'ordine.
Sciopero nei servizi: dipende molto dalla natura del servizio. Nelle attività a maggiore contenuto intellettuale l'interruzione del lavoro, se non prorogata nel tempo, non è in grado di fare molti danni alla controparte. Nel commercio visto la dimensione media delle strutture è sconosciuto se non nella grande distribuzione, dove avrebbe efficacia solo se riuscisse a spostare il danno sulla popolazione (ma dovrebbero scioperare "tutti" i supermercati, e rimarrebbero comunque delle alternative). 
Sciopero nella Pubblica Amministrazione: se si è in presenza di attività rivolte al pubblico (p.es. uffici postali, tribunali) si effettua lo spostamento del danno sull'utenza e si ricade, con minore forza per il minore impatto, nel campo dei servizi pubblici essenziali . Nelle altre attività amministrative lo sciopero è solo un risparmio per le casse dello Stato (ne più ne meno di un'azienda in crisi e con eccesso di manodopera), qualche giorno di fermo non è proprio un problema.
Sembrerebbe che lo sciopero sia uno strumento efficace per chi già si trova in un posizione molto forte, con compiti importanti e posizioni chiave (spesso già ben tutelate e pagate, si pensi ai macchinisti o ai piloti). Vince chi ha la forza del numero e dell'esclusiva, per i piccoli e meno tutelati nell'universo della PMI italiana suona solo come un'autoriduzione del salario o dello stipendio. 
I precari, i vari co.co.pro., gli interinali, i part-time, si sa, non scioperano. Non scioperano perché poco tutelati, mediamente poveri (una giornata persa "pesa"), e spesso non indispensabili o comunque rimpiazzabili.
Ma se il lavoro nuovo e moderno è tutto all'insegna della flessibilità e della precarietà ci saranno ancora scioperi in futuro?

1 commento:

  1. "se il lavoro nuovo e moderno è tutto all'insegna della flessibilità e della precarietà ci saranno ancora scioperi in futuro?"

    Io penso che almeno in parte verranno (o forse "dovrebbero essere?") sostituiti da cose come le "brigate della valigetta"

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