martedì 7 luglio 2015

L'abbaglio

Ho qualche idea sulla situazione della Grecia e vorrei condividerla. E' qualche anno che ho a che fare con "l'Europa", con le istituzioni europee, con i regolamenti, con le persone e mi sono fatto un'idea abbastanza chiara della forza, della bontà e dei limiti del "progetto" europeo.
Tanto per cominciare l'Europa non è un'idea "democratica". E' un progetto che è stato promosso dalle elite intellettuali (da Mazzini in poi) ricordando il passato e sognando il futuro, con una visione, un'idea di pace e prosperità troppo alta e complicata per essere espressione di un desiderio e di una volontà popolare. 
Se dopo la seconda guerra mondiale qualcuno avesse proposto un referendum, una consultazione, chiedendo al popolo sovrano se fosse interessato ad unire il suo paese alla Germania o alla Grecia, avremmo avuto percentuali di no molto più elevate di quella spuntata da Tsipras. Sentimenti come la rivalsa, l'odio, anche magari un desiderio di vendetta, la semplice diffidenza, il profondo nazionalismo e, a piccola scala, gli irrinunciabili campanilismi, avrebbero facilmente orientato le scelta. 
Ripescando nei ricordi  (penso al  fallimento del progetto di Costituzione Europea https://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_europea) trovo conferma del fatto che l'idea di un'Europa veramente unita è in genere sconfitta se posta, attraverso un voto popolare, a confronto con i sentimenti di appartenenza, con l'idea di patria, di nazione.
L'Unione Europea, federale, confederale o in qualsiasi altra forma la si possa disegnare, se vogliamo ascoltare le parole che provengono dalla Grecia, è un progetto probabilmente minoritario tra i cittadini europei. Abbiamo visto che l'approccio di tutela degli interessi "nazionali" è vincente e, quando si parla alla "pancia" del paese, l'attenzione alle conseguenze diventa scarsa (se le posizioni si irrigidiscono la Grecia è destinata al fallimento). Se si contrappone una "posizione" (neanche un interesse) nazionale rispetto a delle indicazione terze, esterne, è fin troppo facile trovare un ampio consenso. Anche il tema dell'emergenza immigrazione si muove sulle stesse note (ognuno per se). 
Nonostante quindi la mancanza di un vero forte consenso popolare, lentamente, in tanti anni, con pazienza, per passi successivi, tentando qualche scorciatoia, a volte con qualche pausa e qualche passo indietro, comunque l'ambizioso progetto dell'Unione Europea è andato avanti. 
Oggi i più giovani scorrazzano per l'Unione con una libertà e con delle possibilità inimmaginabili solo cinquant'anni fa. Su moltissime cose l'Unione Europea è un grande successo.
Grande limite delle istituzioni europee è però probabilmente quello di sottostimare continuamente quanto sia forte la contrapposizione tra "nazionalismo" ed "europeismo", quanto sia lungo e faticoso trasformare italiani, inglesi, francesi, ecc. in "europei". I "texani" sono americani del Texas. Gli "inglesi" (ma vale anche per gli altri) sono ancora inglesi e basta e non europei che vivono in Inghilterra.
Tra Europa e Grecia (ma sarebbe lo stesso tra Europa e Italia) si sceglie il proprio paese come allo stesso modo, tendenzialmente ma in modo più attenuato, si predilige la propria regione o la propria città.
Ma se l'Europa fosse stata già oggi una realtà, un stato federale (gli Stati Uniti d'Europa), come sarebbe stata la crisi greca ?  Probabilmente non ci sarebbe stata oppure, se l'Europa federale avesse comunque previsto la stessa autonomia di cui dispongono oggi gli Stati (cosa che in realtà non potrebbe essere, l'economia ed il fisco dovrebbero essere gestite a livello europeo), l'intervento sarebbe stato esattamente l'attuazione - forse anche più severa - delle proposte delle istituzioni europee, che avrebbero comunque sostenuto uno Stato in difficoltà, comunque imponendo tagli, correzioni, misure di varia natura. E' quello che fa qualsiasi Governo quanto un ente locale, un Comune, una Regione, si trova in difficoltà finanziarie, interviene, rifinanzia, ristruttura la spesa, anche se opportuno commissariando l'Ente.
Le istituzioni europee tendono a muoversi pensando che l'Unione Europea sia qualcosa di più di un circolo sportivo - al quale ci si iscrive, si paga la quota,  si utilizzano gli impianti messi a disposizione (se mi stufo me ne vado, se costa troppo me ne vado, se posso fare casino in piscina ed invitare chi mi pare resto - approccio utilitaristico che non dispiace a molti) - e pensano invece che l'Unione sia uno stato quasi-federale da gestire nella sua interezza cercando un approccio ed applicando regole il più possibile comuni; regole comuni e condivise sono alla base di ogni convivenza, anche in un circolo sportivo.
Quello che leggo sui giornali, l'abbraccio di molti alla posizione del governo greco vista come il desiderio di un'Europa diversa, migliore, più umana, più egualitaria, libera dalle banche, dalla finanza, mi sembra uno spaventoso abbaglio. E' possibile pensare ad una pacifica convivenza se non si è disposti ad accettare il sistema di regole, l'organizzazione, anche le decisioni, di chi prova ad organizzare qualcosa di più complesso di un circolo sportivo ? 
La dimensione dell'abbaglio si misura non solo nell'appoggio ad un approccio "nazionalista" (nel senso di difesa di una posizione tutta nazionale) ma anche nell'attacco diretto a chi, purtroppo non disponendo di poteri soprannaturali ma con ragionevolezza, ha proposto soluzioni ed ha trovato sul fronte greco solo rifiuti; fronte che pone oggi sul tavolo ancora la plateale conferma delle sue posizioni e dice: "vedete, i miei sono tutti con me". Tanto piacere. Benissimo. Basta austerity.  Ma chi paga ? 
Così sull'onda dell'emozione, la sinistra europea a parole europeista di fatto affossa l'Unione Europea affermando che al circolo sportivo Europa ognuno si fa le regole per conto suo, se alcuni lasciano l'acqua delle docce aperte, non pagano il conto del bar, parcheggiano dove gli pare la moto, non si può essere troppo rigidi, è gente troppo simpatica, sportiva, giovane, tutti - democraticamente - molto uniti fra di loro. Torna la domanda: ma chi paga ? 
La risposta è semplice. Gli altri. Mi sembra una grande conquista. Vero progresso. Far pagare gli altri. Oltre duemila anni di storia per giungere all'importante traguardo che democrazia è far pagare gli altri. E io che pensavo che democrazia è far pagare a tutti il giusto.
Ma no, gli altri sono le banche, sono loro che devono pagare. Già, peccato che le banche non sono altro che amministratori dei risparmi di altri, per cui se pagano le banche pagano i risparmiatori.
Quindi a pagare deve essere chi risparmia. Le formiche.
Ma vuoi vedere che la storia della cicala e la formica, alla fine, approfondendo bene, è la cicala ad avere ragione. E io che avevo capito il contrario. Tutta colpa della suore che promuovevano falsi ideali come il lavoro, il risparmio, la prudenza.
Il problema di oggi della Grecia è che il circolo sportivo Europa, pure se il gestore è un po' troppo tedesco nel pretendere il rispetto delle strutture e delle attrezzature, è un circolo troppo comodo; negli ultimi anni ci si è proprio divertiti, anche troppo. Gli altri soci ti fanno regali e ti prestano pure i soldi. Andare a giocare orgogliosamente altrove, in altri campi magari poco illuminati, può essere pericoloso e costare decisamente più caro. 
Come può uscire la Grecia da questo labirinto del quale in pratica nessuno  - neanche le istituzioni europea - conosce una facile via d'uscita?  Non sarebbe male un bagno d'umiltà e forse le dimissioni del Ministro dell'economia Varoufakis sono un timido segnale. Stiamo a vedere.



Nessun commento:

Posta un commento