C’è una corrente di pensiero,
negli ultimi anni assolutamente maggioritaria credo in gran parte
del’occidente, che ritiene la Pubblica Amministrazione uno dei fattori
limitativi dello sviluppo a causa dei suoi malfunzionamenti, della sua storica
“rigidità” ed inefficienza. Questa posizione è all'origine di tutte quelle
iniziative che puntano a ridurre la dimensione, l’importanza e specialmente i
costi della “mano pubblica” per sostituirla con soluzioni alternative ispirate all'economia di mercato, alla libera concorrenza, all’iniziativa privata.
Sarebbe utile ricordare ai
promotori di questa visione che la Pubblica Amministrazione non è una malattia,
un ostacolo naturale od una credenza tribale destinata a scomparire con il
progredire della scienza e della tecnologia, ma è un’invenzione dell’uomo, una
necessità, la soluzione di un problema.
La Pubblica Amministrazione compare nella storia in tempi relativamente
recenti, prima – fino al medioevo -
potremmo dire che non esisteva. La Pubblica Amministrazione nasce e
cresce di importanza essenzialmente in riferimento allo sviluppo di modelli
partecipativi, è collegata alla democrazia. L’amministrazione è pubblica perché è di tutti, altrimenti diventa
amministrazione della cosa pubblica da parte di pochi o forse di uno solo, che
è la monarchia o la dittatura.
Se in ossequio alle idee
liberiste trasferissimo la gestione di tutti i servizi pubblici a dei privati
potremmo arrivare al paradosso che pochi singoli – e teoricamente addirittura uno solo (un
monopolista)– divenga amministratore di tutto, raccolga le tasse, assuma e
comandi gli eserciti, costruisca ospedali e scuole, assegni gli alloggi e
perché no amministri la giustizia. Diverrebbe lui stesso lo Stato. Quando la Pubblica
Amministrazione cede il passo all’impresa ed all’iniziativa capitalistica in
certi settori inevitabilmente il sistema perde punti in termini di democrazia,
tutti perdiamo un po’ di importanza e di libertà.
La dimensione e i costi della Pubblica
Amministrazione potrebbero anzi essere considerati forse un indicatore di
democrazia; li proprio dove la pressione fiscale è più elevata, si pensi ai
paesi del Nord Europa, assistiamo a forme di democrazia più “compiuta” e senza
che questo costituisca alcun limite allo sviluppo.
Se è vero che i malfunzionamenti
e le inefficienze possono costituire un problema e un vincolo per l’avvio di
certe iniziative, ovvero limitare un certo sviluppo economico, di contro la
Pubblica Amministrazione costituisce l’unico ed il fondamentale custode e
tutore degli interessi collettivi, da sempre e sempre più spesso in contrasto
con gli interessi dei singoli o delle lobby.
La Pubblica Amministrazione è
l’esecutore della volontà collettiva che viene “definita” attraverso gli
strumenti della democrazia mediata di cui disponiamo (il Parlamento, il Governo).
Molte disfunzioni sono anche da ricondurre a questa “mediazione” spesso causa
di indicazioni contraddittorie e non sempre trasparenti; chissà se modelli e forme
di democrazia diretta non siano in grado risolvere molti dei problemi della Pubblica
Amministrazione.
Se più Pubblica Amministrazione
vuol dire più democrazia, allora una Pubblica Amministrazione migliore è allo
stesso tempo presupposto e sintomo di un
democrazia moderna e funzionale, promotrice
di forme di sviluppo equilibrato ed egualitario, sotteso a dinamiche
redistributive della ricchezza, e non
mirato al solo incremento del PIL, incremento costato quella crescita
delle disparità economiche sociali che stanno conoscendo molti paesi in quest’ultimo
ventennio definibile post-comunista.

E’ vero, l’innovazione tecnologica
è importante, come anche possono esserlo nuovi modelli organizzativi, ma
fondamentale innovazione potrebbe essere – anche proprio attraverso la
tecnologia – l’avvicinamento della
cittadinanza alla Pubblica
Amministrazione in un sistema di interrelazioni forti, qualcosa di non dissimile
dal rapporto che ognuno di noi ha con l’amministratore del condominio dove
abita. Si deve in qualche modo ridurre la distanza tra lo specchio e la
collettività per ridurre le deformazioni.
Ovviamente questo sistema è tutto
da definire, da regolamentare, ma lo scopo è quello di dare confidenza del
fatto che la volontà e gli interessi collettivi siano effettivamente “nelle corde” della Pubblica Amministrazione.
Nell’ambito dei procedimenti
amministrativi, pure trasformati in maniera radicale negli anni attraverso la
trasparenza amministrativa, non si riesce ancora a trasformare il rapporto
singolo-P.A. ma anche il rapporto
cittadinanza-P.A. in qualcosa di utile e collaborativo e diverso da quella
terribile “caccia all’errore” che contrappone la PA e i suoi interlocutori, e
riempie di lavoro i tribunali amministrativi con conseguenti ritardi
e sprechi di risorse.
Deve tornare ad essere ben chiaro
il concetto che “la Pubblica Amministrazione siamo noi “ e non un soggetto
terzo e lontano, un variabile indipendente ed imprevedibile, ma piuttosto un
circolo, se vogliamo esclusivo, a cui tutti siamo iscritti come soci
(cittadini) attivi.