martedì 9 marzo 2010

Giustizialismo.... mmmh

  • Leggo spesso che Di Pietro viene definito un giustizialista e giornali come il Corriere o Il Sole ritengono questa condizione come uno dei motivi per i quali il PD non deve - o non dovrebbe - seguire l'Italia dei Valori nelle sue battaglie.

    Su internet, sul Sabatini-Colletti trovo:


    giustizialismo [giu-sti-zia-lì-smo] s.m.

    1 Teoria e pratica politica del governo del presidente argentino J.D. Perón (1895-1974), che univa populismo e autoritarismo

  • 2 Con valore polemico, atteggiamento di chi appoggia senza riserve l'azione della magistratura contro la corruzione, anche a scapito delle garanzie individuali del cittadino


    Prese per buone queste definizioni la prima non mi sembra appropriata ne per Di Pietro ne per il PD, anche perchè l'atteggiamento "Peronista" è quello che si attribuisce "all'uomo solo al comando" - Peron appunto - e quindi si potrebbe dare del "giustizialista" ad altri.

    La seconda, che come dice la definizione ha appunto valore polemico, a me tutto sommato non dispiace se non per la parte "anche a scapito delle garanzie individuali del cittadino".

    Quest'ultima parte - o meglio il suo contrario -è un'altro appellativo polemico attribuito alla sinistra che invece è all'opposto "garantista" tutte le volte che proprio sul cittadino cerca di tutelare i diritti dell'imputato -anche colpevole - a scapito delle forme di "giustizia sommaria" spesso invocata dalle masse per fatti di sangue o anche solo per i crimini comuni degli extracomunitari.

    Vedo anche questa volta confermato che le posizioni del PdL si dimostrano quanto mai a geometria variabile per cui gli avversari sono giustizialisti se si parla dei reati dei "ricchi" (corruzione, falso, ecc.) ma di contro garantisti sui reati dei poveri. La destra è invece all'opposto giustizialista con i poveri e garantista con i ricchi.

    Il PdL è riuscito in questi anni a far fare enormi passi indietro al paese in termini politici.

    L'Italia nel dopoguerra era il paese di Don Camillo e Peppone, dove due visioni diverse si scontravano in termini generali sul futuro del paese, visioni diverse ma comunque articolate, complesse, trasversali, che immaginavano entrambe un futuro migliore per l'intero paese e per le classi sociali in termini dinamici.

    Forse le disgrazie della guerra che avevano colpito a tutti i livelli rendevano gli uomini consapevoli di quanto tutto fosse alla fine precario e solo l'impegno ed il lavoro come anche la solidarietà ed il rispetto fossero il minimo comune denominatore di un grande paese.

    Oggi tutto è ridotto ad una disputa tra patrizi e plebei.