lunedì 21 ottobre 2019

Quanto tempo

Uomo stanco in poltrona
Attaches  con tappo
Sono trascorsi tre anni dall'ultimo post.
Mi meraviglio sempre come il tempo, da un certo punto in poi nella vita, passi troppo velocemente.
Mi ricordo come da bambino il tempo sembrava passare sempre  lentamente, forse per colpa di quel "questo quando sarai grande" che  - come è naturale - posticipava tante cose ad un momento più opportuno. Poi col passare degli anni il tempo si è fatto via via più veloce, come se per una strana legge della relatività il tempo si rapporti alla vita trascorsa per cui il trascorrere di un giorno, che per un bambino appena nato vale una vita, a distanza di cinquant'anni si riduca ad una frazione piccolissima della propria esistenza e quasi non ci si faccia più caso.
Da piccoli festeggiamo le settimane, poi mesi, poi gli anni, e col tempo i compleanni perdono di importanza e si celebrano solo i decenni. Se avessimo un vita millenaria anche i secoli ci sfuggirebbero via, secolo più ... secolo meno ... che importanza avrebbe.
Il valore delle cose è  poi collegato alla loro disponibilità, per cui chi ha molto tempo davanti a se, come i giovani che ne hanno molto, tende a dargli poca importanza, addirittura a sprecarlo, mentre agli anziani, che ne hanno sempre meno a disposizione, e per i quali acquista valore, sembra sfuggire via. Questo sfuggire  del tempo lo rende via via più prezioso e s'impara ad apprezzare qualsiasi cosa si abbia la possibilità di vivere e conoscere, a dare più valore a qualsiasi cosa il nostro tempo ci proponga, e questo è tanto più vero quanto comprendiamo quanto il nostro tempo sia quantitativamente limitato. Si capisce che è il tempo ad avere un valore in se, non le cose che accadono, buon o cattive che siano, ma è il tempo quello di cui abbiamo prima inconsapevolmente e poi ardentemente bisogno.
Vorrei altro tempo. Il primo pensiero quando qualcosa che abbiamo paura di affrontare si avvicina, un esame, un incontro, una scelta, un addio.
Il tempo è un po' come una buona bottiglia che si beve chiacchierando in compagnia, bicchiere dopo bicchiere, per accorgersi ad un certo punto che: "cavolo, è già finita!".

martedì 4 ottobre 2016

Referendum: qualche riflessione

refe
Referendum.
Riforma: debole (nessun vero cambiamento). 
Ragioni del SI: poverelle (tanto pe cambia').
Ragioni del NO: inconsistenti (la riforma non è in grado di stravolgere nulla, anzi, una svolta autoritaria e un riduzione della democrazia sembrerebbero motivi per il SI visto come vanno le cose con l'attuale sistema).
Quindi chi vota NO in realtà farebbe proprie le ragioni semplicistiche del SI ovvero "così non cambiamo nulla" e di contro chi vota SI lo farebbe proprio perché vede nei presagi del NO (oligarchia, meno democrazia,ecc. ecc.) un qualche futuribile miglioramento del sistema paese. 
All'atto pratico la vittoria del NO nel congelare la Costituzione cosi com'è per i prossimi 10-15 anni favorirebbe una coalizione trasversale per la riforma in senso assolutamente proporzionale della legge elettorale riportando il paese agli anni '80 (subito prima di tangentopoli, periodo che molti rimpiangono, Craxi, il pentapartito, il manuale Cencelli per la spartizione di tutto, che bei tempi direbbe Checco). 
A livello internazionale sarebbe la solita figuraccia (italiani: spaghetti mandolino dire cosa e poi fare altra) ma tanto ci siamo abituati.
La vittoria del SI invece potrebbe - non subito, ma in un futuro possibile - permettere che si arrivi ad una situazione politica di relativa stabilità ed ad una riforma più strutturata della Costituzione e delle istituzioni nel loro complesso, ad apportare dei correttivi al sistema comunque necessari; ma si tratta di una scommessa. 
Propongo una diversa formulazione del quesito (lo so che non si può fare):
"Scommettete che il testo, scritto male e di non facile lettura, della legge costituzionale concernente disposizioni per favorire una stabilità politica ed una possibile svolta autoritaria, il minimo contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e l'accentramento di maggior potere allo Stato, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016, possa portare cambiamenti favorevoli al futuro dell'italia ?" 
Per me vale la pena di provare, tanto peggio di così....

mercoledì 13 luglio 2016

Del bene e del male

Il disastro ferroviario di Corato lascia letteralmente atterriti. 
Una tragedia evitabile se si fosse fatto ricorso alle tecnologie disponibili ma li, in quel tratto, si viaggiava ancora come 70 anni fa.
E' partita la caccia ai responsabili, sicuramente si tratta di un errore umano visto che la tecnologia questa volta si può dire praticamente assente, mentre un guasto, una fatalità, possono essere a volte un buon sollievo per le coscienze. 
Si dirà che gli uomini sbagliano, in modo più o meno grave, spesso assolutamente in buona fede, altre volte per stanchezza, pigrizia, leggerezza od altro. Si sta già cercando di ampliare la platea dei responsabili, di quelli che potevano prevedere, pensare, fare, finanziare, appaltare, ecc. ecc.  e invece non lo hanno fatto. 
Mi viene quindi da riflettere sulla enormi difficoltà che si incontrano ogni giorno per fare bene, per fare del bene, in una lotta spesso impari contro il male. Ogni giorno molti operano per il bene degli altri, comunque credendo di operare in tal senso, ed allo stesso tempo trovano continui ostacoli, difficoltà, imprevisti. Qual'è l'origine di queste difficoltà se non un male diffuso, spesso impalpabile, che origina tutto nell'egoismo individuale, nel più o meno bieco interesse di molti, tanti, troppi. C'è poi un male riconducibile ad un conflitto tra valori quando in un confronto tra obiettivi, desideri scopi, l'ordine delle cose viene stravolto, e si da più importanza ad una cosa che ad un'altra secondo una visione soggettiva che non tiene conto dell'insieme.
Il capostazione che ha fatto partire il treno pensava sicuramente di fare bene, di ridurre le attese, di far aspettare meno i viaggiatori ma forse ha letto male, o ha capito male, magari un numero, un orario. La stanchezza, il caldo. 
Ma se non era nelle condizioni non doveva stare li... troppi straordinari..? 
Ci si domanderà: ma voleva guadagnare di più il singolo (gli stipendi bassi, il bisogno) ? o è l'azienda che risparmia sul personale (le poche risorse, la mala gestione, gli stipendi dei dirigenti, i mancati incassi) ?
La causa di tutto è probabilmente riconducibile ad un piccolo male od alla somma di piccoli mali.
Se non pago il biglietto o non pago le tasse io sono un pochino più ricco ma l'azienda ferroviaria ha meno soldi per i lavoratori, per la sicurezza, per gli investimenti, il capostazione sbaglia ed i treni vanno a sbattere.
Se non voglio che il mio terreno sia espropriato per fare le opere (un secondo binario) io alla fine forse sarò un po' più ricco ma nel frattempo la ferrovia rimane meno sicura ed i treni vanno a sbattere.
Se voglio fare qualche soldo con i lavori farò di tutto per prendere l'appalto, ricorrerò, bloccherò, denuncerò, corromperò; sarò un po' più ricco anche se si dovrà riscrivere, decidere, deliberare, correggere ed i lavori tarderanno. Ed i treni intanto vanno a sbattere l'uno contro l'altro.
Se voglio essere rieletto devo migliorare le cose li dove sono i miei elettori, o dove gli elettori sono di più, ed allora certe cose possono aspettare, certi interventi si possono rimandare, non si possono buttare ora i pochi soldi in infrastrutture secondarie. Si torna purtroppo a pochi soldi per i lavoratori, per la sicurezza, per gli investimenti, il capostazione sbaglia ed i treni vanno a sbattere.
Se voglio viaggiare meglio voto chi mi promette investimenti, chi usa le mie tasse come dico io, nella mia città, non chi si impegna per un binario sperduto nella poco abitata pianura pugliese. Il mio piccolo bene è in realtà un piccolo grande male perché i treni, non solo in Puglia ma in tutti i posti un pò abbandonati, continueranno a sbattere.
Ma se le cose stanno così ha veramente senso puntare il dito contro il singolo? Penso che la frase "individueremo i responsabili" debba essere tradotta in "individueremo i capri espiatori" perché di quello, quando tutti nel proprio piccolo sono responsabili, si ha sempre un grande bisogno.


lunedì 27 giugno 2016

Una proposta strategica per il Presidente Renzi

Il Presidente del Consiglio naviga in acque molto difficili. Il risultato delle recenti elezioni amministrative che hanno dato ai Cinquestelle il governo di due città "capitali" sono il segnale di una "convergenza" contro l'attuale governo di tutte le forze di opposizione. Un voto "contro" che mette in secondo piano "tutto",  qualsiasi fatto positivo scompare di fronte ad una qualsiasi piccola stonatura, ad un qualsiasi problema ancora da risolvere, anche di fronte all'inesperienza ed ai rischi dello scegliere un'alternativa di rottura dai contorni indefiniti. 
In questo quadro Renzi costituisce per tutti un comodo parafulmine dove dirigere e scaricare tutti i problemi del paese. Mai come in questo periodo va di moda il detto "piove, Governo ladro"; è sempre e comunque colpa del Governo che sbaglia sempre e se dovesse, per caso, fare bene, è per l'appunto solo un caso. 
In questo clima il partito del "no" al referendum costituzionale ha ed avrà vita veramente facile; anche la minoranza interna del PD cerca visibilità con i distinguo, si prepara a sfoderare un "l'avevamo detto" secondo il principio - parecchio cinico - che una vittoria di Pirro è sempre meglio di una sconfitta (dimenticando che poi segue una sicura sconfitta). 
Legare poi il proprio futuro politico agli esiti del referendum costituzionale non è stata una mossa vincente per il Presidente;  ha assicurato alle opposizioni una comoda alternativa - rispetto alla sfiducia - per arrivare alle dimissioni del Governo ed al voto anticipato; quando pur di assicurare l'attuale "stabilità di governo" è dovuto scendere a diversi (anche troppi) compromessi. Ha dimenticato che l'obiettivo delle opposizioni è sempre è comunque votare il prima possibile (gli atteggiamenti "responsabili" in genere non premiano perché l'elettorato ha memoria cortissima) per cui l'equazione "la gente vuole cambiare, sarà con me" si è trasformata in "la gente non è con te, cambiamo te e le riforme - buone o cattive - possono attendere".
La recente Brexit, che da un lato ha rincuorato il fronte euroscettico, pone di nuovo il Governo nella posizione di facile bersaglio, i risultati saranno comunque scarsi e le promesse disattese, e se proprio non si potranno negare i successi si cercherà di attribuirli ad altri, magari alle opposizioni.
Tutta questa situazione è probabilmente dovuta ad una debolezza di fondo dell'esecutivo che, nonostante tutto, rimane un governo della prima Repubblica, frutto di accordi parlamentari tra i partiti, e non un governo plebiscitario espressione della volontà popolare (premierato, presidenzialismo, ecc.) che sembra, a detta degli esperti, andare tanto di moda nelle democrazie più avanzate.
Come può Renzi uscire dall'angolo dove si ritrova rinchiuso (almeno in parte per colpa sua) e dove, dopo aver incassato un mare di colpi, non lo aspetta altro che il knock out di ottobre con l'inevitabile sconfitta al referendum?
In Parlamento, anche se si tende a dimenticarlo, non ci sono i numeri per fare nulla e quello che il Governo è riuscito a fare lo ha fatto "forzando la mano" con i voti di fiducia. Più volte è dovuto scendere a patti, trovare soluzioni di compromesso, sporcarsi le mani, fare scelte anche impopolari.
Anche la minoranza interna continua nell'opera di "logoramento" del Segretario che, indebolito, arriverà al congresso già sconfitto. La difficoltà del "doppio incarico", la richiesta (velata) di dimissioni dalla segreteria, sono segnali evidenti d'insofferenza e di una prossima resa dei conti.
In questo scenario la fine del governo Renzi, ed in senso lato della sua carriera politica, è solo questione di tempo. Sembra di leggere qualcosa di simile a "Cronaca di una morte annunciata" di Màrquez.
Che fare? Forse l'unica via di uscita è un brusca accelerazione. Quando il motore è ingolfato bisogna spingere violentemente sull'acceleratore. Rovesciare il tavolo. Fare quello che gli altri non si aspettano e contraddire se stessi. Accantonare parole come stabilità, responsabilità, continuità e, non ancora sconfitto, abbandonare il campo. Ma non la segreteria (ha vinto contro Bersani, ha il voto popolare).
Dimissioni del Governo. Preso atto delle posizioni interne al Partito che, seppur minoritarie, inneggiano al cambiamento, si sale a Colle e si depositano le dimissioni nelle mani del Presidente. Una bella crisi extraparlamentare da prima Repubblica. Al buio.
Si lascia libero il campo per spersonalizzare il tema delle riforme e si rimanda la palla al Parlamento che, sovrano, dovrà trovare una via d'uscita dalla crisi.
Il Presidente della Repubblica lascerà in carica il Governo per l'ordinaria amministrazione e aprirà formalmente la crisi di Governo. 
Le consultazioni. In luglio. Al caldo.
Un governo balneare ? Un mandato esplorativo ? E poi a chi? Larghe intese? Governo del Presidente? Governo tecnico?  E la chiusura delle Camere (le ferie dei parlamentari)?

Tutta l'ingovernabilità della prima repubblica su tutte le pagine dei giornali (riecco il teatrino). 

Tutti i Partiti in Parlamento (M5S incluso, ormai è una forza di governo nelle grandi città, "responsabile") sotto processo dai media, nelle fauci dell'antipolitica. Apertura estiva straordinaria della terza camera (Vespa).

Scenari: 

  • in agosto o in settembre secondo incarico a Renzi. Non cambia nulla ma Renzi ne esce molto rafforzato e può scaricare, anche in caso di insuccesso, le responsabilità su tutti gli altri (irresponsabili);
  • governo di transizione, o balneare. Difficile trovare in numeri alla Camera dove ci sono ancora troppi Renziani ma non impossibile. Comunque vada Renzi può giocare  da segretario del PD il suo ruolo ed appoggiare - quasi dall'esterno, il SI alle riforme, il SI al cambiamento, e poi si vedrà;
  • si sciolgono le Camere, elezioni a ottobre o novembre. Governo in carica per altri tre mesi. Situazione invariata rispetto alla situazione attuale ma senza la preventiva sconfitta al Referendum e con molta più confusione ed incertezza, tutte cose che spingono verso il SI al referendum e per un voto più "ragionato", e poi si vedrà;
  • ci sarebbe la possibilità di un accordo trasversale M5S e tutto il resto contro il PD (è successo a livello locale) ma sembra veramente improbabile a livello nazionale.

Un azzardo. 
Fantapolitica.
Si, decisamente. 
Però... da un fan di House of Cards uno un pochino se lo aspetta.


venerdì 9 ottobre 2015

Il Sindaco

Risultati immagini per marino
A me il Sindaco Marino non mi è mai piaciuto. Se uno fa il medico con passione come tutti i medici dovrebbero - a me sarebbe piaciuto - non ti passa neanche per l'anticamera del cervello di metterti a fare un lavoro lontanissimo dai tuoi studi, dalla tua esperienza, dalle tue conoscenze. Se poi sei pure forestiero in una città dove i quartieri fanno nazione in termini di identità e cittadinanza dovresti avere il buon senso di evitare. Il politico, il parlamentare, posso pure capire, li magari un'esperienza in determinato settore può servire, può dare un contributo. Ma il Sindaco di Roma, l'amministratore di uno dei più grandi condomini del mondo non era per lui. Se poi, come credo e sono convinto, parliamo di una persona fondamentalmente onesta, un po' disattenta come spesso capita ha chi ha troppe cose per la testa, addirittura distratta e con un'eccessiva fiducia nel genere umano, talmente in buona fede da far pubblicare le ricevute che non avrebbe dovuto farsi rimborsare (in pratica armare il nemico), messe in tasca e poi finite tra le altre e pure rendicontate con poco zelo e troppa leggerezza da qualche impiegato, ma vale probabilmente lo stesso per la macchina in divieto di sosta e le relative multe, e per tutta la serie di innumerevoli gaffes sempre puntualmente registrate, possiamo solo pensare che no, non era proprio il lavoro per lui.

E' vero, il Sindaco Marino non mi è mai piaciuto, ma mi sono piaciuti ancor meno, decisamente meno, tutti gli altri.

Tutti, a cominciare da tutte le strutture dell'amministrazione comunale, nelle sue diverse articolazioni, nelle controllate, ATAC, AMA, ecc. con le quali Marino si è dovuto scontrare in ogni occasione nel tentativo di metter ordine, in realtà di tappare le innumerevoli falle, di intervenire nel marasma all'origine del grave dissesto finanziario di una città che brucia fiumi di denaro senza riuscire a risolvere i problemi. Sprechi in parte dovuti all'incapacità, alla scarsa volontà, ma anche all'avidità, al malaffare. La magistratura, come abbiamo visto, avrà da fare ancora per molto.
Mi è piaciuto molto poco anche il PD, probabilmente troppo preoccupato a gestire le minoranze interne, e per il quale Marino è diventato sempre più un problema che una soluzione, un danno all'immagine di un PD che, se a livello comunale è a pezzi, a livello nazionale preferirebbe inanellare successi e non collezionare - di riflesso come partito del sindaco - critiche, fallimenti, denunce. Vero è che più tentativi sono stati fatti per affiancare il sindaco ma come dire, lo sventurato non ha perso occasione per farsi facile bersaglio di critiche, di fornire argomenti ai numerosi nemici.
I pentastellati poi, il M5S, mi sono piaciuti ancor meno avendo fatto della capitale essenzialmente un laboratorio sul piano della comunicazione. Una nave scuola dove esercitarsi ed allenare i propri campioni a svolgere il ruolo di opposizione dura, mediatica, che è quella a cui assistiamo nelle interviste e nei talk show. Del resto, rendiamocene conto, il ruolo di opposizione permette a tutti di esercitarsi senza responsabilità, di studiare, di approfondire. Oggi a distanza di più di due anni il M5S inizia a definire le strategie, a capirci qualcosa di come funziona la macchina, ruba la scena a Salvini ed alla Lega, che pure vantano un maggiore esperienza. Diciamo che ora il M5S è arrivato a poter esprimere alcune figure politiche e con un'inversione di marcia (ricordiamoci  il no interviste, no giornalisti, no TV, gli anatemi di Grillo su chi usciva dalle righe) che spiega come tutto fosse finalizzato a prendere tempo, il tempo necessario a selezionare e formare le figure giuste. Probabilmente, a dispetto di una strategia ben costruita, il M5S vede la caduta di Marino un po' troppo anticipata rispetto ai loro piani, avrebbero avuto bisogno di altro tempo per individuare un plausibile candidato sindaco. La rapida retromarcia degli attuali leader del M5S, attualmente parlamentari obbligati (boh ?) a terminare il mandato lo interpreterei come un "troppo presto, non siamo pronti..". Forse Renzi ha ragionato in tal senso nel decidere di dire basta.
Anche i giornali ed i giornalisti mi sono in realtà piaciuti molto poco. Non mi sono piaciuti perché mettendo davanti a tutto il clamore, l'interesse, l'audience, hanno creato un caso su un episodio, un funerale, eclatante quanto si vuole, a cui non dovevano - solo allo scopo di rimarcare sospette inefficienze nella macchina dell'amministrazione - dare una visibilità enorme, concedendo così una sostanziale vittoria, gli altari mediatici, a chi non sembrava proprio meritarli.
Negli Stati Uniti neanche il nome di chi compie stragi deve essere noto, non merita  infatti di essere ne nominato ne ricordato.
Tra chi vive a Roma, in molti di noi, c'è il ricordo di altre cerimonie simili. I romani onesti, un po' rassegnati ma armati di una potente indifferenza, sanno di cosa si tratta e si tengono alla larga dalle cerimonie private.
Ora stiamo a vedere. 
Ci aspetta un periodo di commissariamento e, non c'è che dire,  si tratta di un capolavoro politico delle opposizioni fatto per il bene della città, che durante il Giubileo si troverà nella stessa situazione di un comune sciolto per mafia, tutto molto bello.
Poi finalmente, in primavera, nuove elezioni. Se qualcuno riesce a convincere Francesco Totti a candidarsi sono assolutamente certo che oltre alla totalità del voto romanista potrebbe raccogliere anche il voto di moltissimi tifosi laziali, vincendo così addirittura al primo turno.

mercoledì 9 settembre 2015

Mezzogiorno magnus et felix

Si studiano ancora oggi a scuola la Magna Grecia, la Campania felix, e tanti altri momenti della storia dove il Mezzogiorno del nostro paese è stato non solo un protagonista della Storia ma addirittura a volte l’interprete principale o comunque una delle Guest Star nel lungometraggio del progresso, della cultura, dell’innovazione ed anche della ricchezza. Tante cose sono cambiate da allora, il mondo, l’economia, i sistemi produttivi, l’organizzazione del potere, le popolazioni, tutto è diverso. Viene il sospetto che il Mezzogiorno, un po’ come Roma che è stata a capo dell’Impero, potesse essere grande solo in quell'epoca, in quel contesto, con quel sistema di scambi commerciali, con quelle tecnologie, in quella civiltà. E’ questa una visione strettamente “storica” dello sviluppo che racconta come la compresenza di una serie di fattori favorevoli, acqua, clima, manodopera, risorse naturali, nuove tecnologie, sono alla base della crescita di una civiltà, di una grande città, di una nazione. Ovvero un colpo di fortuna. Si potrebbe quindi pensare che il mezzogiorno, come l’antico Egitto, l’antica Grecia,  come Roma, ha già avuto il suo colpo di fortuna e forse il suo destino è quello delle città abbandonate dopo la corsa all’oro. Finito l’oro, finita la città. Essendo indisponibile quel determinato mix di fattori che in determinato tempo e luogo sono motori dello sviluppo, fattori destinati a cambiare nel tempo, non è possibile l’avvio di un auspicato processo di crescita anzi si assiste ad un continuo abbandono ed impoverimento di quei territori. E’ questa la condizione del mezzogiorno (penso all’ultimo rapporto SVIMEZ che disegna un quadro desolante)? Siamo all’inizio della fine? Tra qualche decennio avremo qualche capoluogo della Sicilia ricoperto dalla vegetazione come i templi Aztechi ? Ci sono una serie di indicatori che riguardano la popolazione che fanno temere di si. Alcuni luoghi stanno morendo. In questa lenta agonia iniziano a venir meno anche i fattori fondamentali per la crescita e lo sviluppo come i giovani, in particolare la famiglie giovani ed i loro figli, sostituite solo parzialmente da quelle degli immigrati. Immigrati che, come fattore di sviluppo economico, potremmo definire cinicamente “manodopera a basso costo”, in realtà in grado solo di riprodurre – senza poi riuscire a essere comunque competitivi  -  un modello di sviluppo (o forse un’economia di sussistenza), propria dei paesi ancora in via di sviluppo e lontani da una condizione di benessere diffuso (Cina, India, ecc.).
Dopo il sostanziale fallimento di anni e anni di intervento statale su quelle aree, in grado solo di rallentare, allontanare po’ nel tempo, un destino che sembra ormai segnato, viene il sospetto che sia stato tutto sbagliato e che in concreto si continui a sbagliare. Viene anche da domandarsi se non si fosse mai intervenuti in quei territori, se l’intervento straordinario nel mezzogiorno non fosse mai esistito come sarebbe andata la storia. Come sarebbe oggi il mezzogiorno senza le cattedrali nel deserto, senza le industrie abbandonate, senza tutti quei dipendenti pubblici, con pochissime infrastrutture, senza acqua? L’ondata migratoria del ‘900 non si sarebbe forse mai arrestata ed oggi disporremmo di enormi aree abbandonate, forse una grande riserva naturale.
In realtà le cose non sono andate così e negli anni si è fatto molto, tanto. Se confrontiamo il mezzogiorno del secondo dopoguerra con il mezzogiorno di oggi le cose sono parecchio cambiate. La Napoli di Totò e della Loren e la Napoli di oggi sono drammaticamente diverse (immagino in qualcuno più anziano una leggera nostalgia) . Per non parlare poi di Matera, della Puglia con l’acquedotto o delle coste della Sardegna (forse a certo turismo erano da preferirsi le pecore, ma ci vuole pazienza).
Sono stati in passato sicuramente fatti grandi errori, anche degli scempi, ma leggiamo ogni giorno di un mezzogiorno che resiste, che non vuole gettare la spugna. Troviamo moltissimi “singoli casi isolati” di successo nelle regioni del sud. Innovazione, brevetti, ricerca, tante storie positive di giovani del sud che però non ce la fanno a controbilanciare le tante disfunzioni, i fallimenti, i guasti del sistema, la criminalità, l’immobilismo di una pubblica amministrazione piuttosto malridotta. Le iniziative di successo sono spesso come piante in un vaso, crescono bene all’inizio, la terra è buona, concimata ed annaffiata regolarmente, ma poi il vaso non basta più, diventa piccolo, le radici soffrono, la pianta soffre e muore. E quando si prova a cambiare vaso qualcosa va spesso storto. Manca sempre qualcosa, il vaso, la terra, il concime.
Non vanno poi dimenticate le eccellenze del nostro mezzogiorno (le nostre miniere d’oro), alcune produzioni agricole sono uniche al mondo per l’assoluta qualità ed alcuni siti turistici sono di enorme interesse e ci si domanda sempre se siano adeguatamente valorizzatati. Troppo spesso si assiste a scelte sbagliate in questo settore, a volte si fa di tutto per limitare, depotenziare, una domanda che sembra volere crescere (penso a Pompei, sempre motivo di polemiche sulla sua conservazione e gestione) e dall’altro si promuovono con grandi investimenti siti che poi, a causa di altre situazioni al contorno, non riescono ad entrare nei circuiti turistici  e finiscono per essere quasi dimenticati (penso ai bronzi di Riace).
Che si può fare per avere una seconda età dell’oro, come può il paese fare in modo che il   suo mezzogiorno torni “grande e felice” ? Una delle possibilità, in un approccio assolutamente liberista, è quella di aspettare il colpo di fortuna. E’ possibile che il superenalotto della storia riproduca nel mezzogiorno un serie di condizioni favorevoli da renderlo un nuovo “Eldorado” (scoperta di nuove fonti di energia, elisir di lunga vita od anche qualche favorevole cambiamento climatico), e tutto improvvisamente cambi e ne risulti stravolto, ma sappiamo che la fortuna a volte va anche aiutata (l’oro va innanzitutto cercato).
Sarebbe fondamentale innanzitutto capire cosa si intende per sviluppo di un territorio. Ci aspettiamo in concreto dei cambiamenti, dei miglioramenti delle condizioni di vita, ma bisognerebbe decidere se non proprio un punto di arrivo almeno dei traguardi, delle configurazioni  auspicabili, una qualche idea, una visione del futuro. Perché, a pensarci bene, tra le possibili visioni del futuro ci può essere anche quella di un mezzogiorno sostanzialmente deindustrializzato, disabitato e sottoutilizzato, con un’economia  agricola e turistica in grado di assicurare un relativo benessere agli abitanti rimasti, un sistema di servizi ridotto al minimo indispensabile (anche meno). E’ in realtà la situazione di molti centri minori che vivono di agricoltura e di turismo, per lo più balneare e fortemente stagionalizzato. E’ un modello di sviluppo “bonsai” che è pensato per mantenere una dimensione limitata, richiede un costante piccolo impegno, poco concime, ma non può impegnare molte persone. E questo è il modello a cui si aspira l’emigrazione continuerà ancora a lungo, diminuiranno gli abitanti ed il PIL fino ad una stabilizzazione che vedrà gli abitanti rimasti vivere in condizioni probabilmente migliori. Sarà un territorio vasto ma con un’economia piccola, un mezzogiorno piccolo e felice. Sarebbe bello capire se esiste veramente questo punto di equilibrio o se altri fattori in realtà potrebbero entrare in gioco, se questa specializzazione sia o meno sostenibile e se il turismo come lo conosciamo oggi sia destinato a scomparire o a cambiare forma. Il turismo balneare è un fenomeno relativamente recente, poco più di un secolo, non è detto debba continuare per sempre, prendere il sole seminudi potrebbe – come fumare – diventare fortemente sconsigliato e.. addio spiagge.
Tra le possibili visioni all'opposto possiamo immaginare anche un mezzogiorno completamente diverso, fortemente produttivo, industrializzato, densamente abitato, in cui ogni possibile pezzo di terra è utilizzato da capannoni, fabbriche, fabbrichette, orti, serre, porti, centrali, strade (tante), ferrovie e stazioni (tantissime). Un territorio decisamente antropizzato come lo sono le regioni del nord Italia e molte parti del centro Europa. Se guardiamo una foto del nostro paese dal satellite di notte, con le luci delle città, abbiamo una chiara sensazione di quello che significa un territorio antropizzato, densamente abitato, possiamo correlare direttamente illuminazione notturna,  popolazione, produzione e ricchezza.
Possiamo anche immaginare delle soluzioni miste, con parti del territorio fortemente antropizzate ed altre a vocazione agricola, ma l’importante è immaginare un futuro per i territori consapevoli di ciò che determinate scelte comportano ed operare di conseguenza. Alcuni modelli di sviluppo sono concorrenti, lo sviluppo industriale confligge con quello turistico e con la tutela dell’ambiente (in generale la tutela assoluta dell’ambiente si trova spesso in conflitto con qualsiasi forma di sviluppo, e questo è un bel problema).
Bisognerebbe forse smetterla di scrivere programmi di sviluppo in cui c’è di tutto e per tutti, l’agriturismo, i grandi resort, i B&B, l’hi-tech, l’ingegneria genetica, e chi più ne ha più ne metta, facendo a gare ad inserire le ultime novità. Ora va per la maggiore la share economy, che è qualcosa che presuppone un mondo pesantemente informatizzato e connesso al web, mi aspetto qualche proposta nell’entroterra calabrese dove i telefonini non prendono. Forse dovremmo iniziare a disegnare, a sognare, le regioni del futuro, il mezzogiorno tra cento anni. La politica dovrebbe smettere di promettere finanziamenti per alcuni e strade per altri e invece proporre delle idee di futuro lasciando poi ai tecnici di studiare le soluzioni. La politica non deve pensare all’aeroporto ma deve pensare al  tipo di città che ha bisogno dell’aeroporto e proporre quella, non deve pensare al porto turistico ma deve trovare il sostegno dei cittadini per un centro turistico che prima o poi avrà bisogno di un porto più grande. La politica, che dovrebbe rappresentare le istanze e le aspirazioni dei cittadini, dovrebbe cercare di capire che tipo di futuro essi immaginano per la loro terra. Troppe volte si è proposto un modello indistinto, si è realizzata un’area industriale, voluta e capita da pochi, per poi trovare ostacoli insormontabili nel realizzare le strade e nell’insediare le aziende.
Il mezzogiorno dovrebbe finalmente chiedersi, nelle sue articolazioni territoriali, nelle regioni e nelle grandi città, cosa vuole fare da grande e prima ancora se vuole diventare grande. Sembra spesso un studente svogliato che preferisce ripetere l’anno, sorbirsi un fiume di ripetizioni e di rimproveri, lamentarsi in continuazione da un lato di non essere portato per lo studio e dall’altro che nessuno lo aiuta ne a studiare ne ad imparare un mestiere; poi se vai a vedere quando vuole sa fare tutto, è un mago del pc, ma appena può scappa al bar con gli amici o in spiaggia a giocare. Fa pure qualche lavoretto, in nero, quanto basta per pagarsi qualche viaggio. E’ il momento di scegliere, prendere un riferimento, un modello, e quindi puntare a raggiungerlo. Meglio un’idea sola ben chiara che tante idee confuse. Insomma darsi da fare indipendentemente se l’obiettivo – il benchmark -- è il Principato di Monaco oppure l’isola di Pasqua. Solo per chiarezza le favelas brasiliane non sono da considerare un obiettivo da prendere come riferimento (cerchiamo di migliorare, anche se alla criminalità organizzata il modello potrebbe non dispiacere per la grande disponibilità di manodopera; alcuni quartieri delle nostre città del mezzogiorno hanno un loro perché).
Se quindi si aspira a diventare una Montecarlo del Sud la prima cosa da fare è garantire la sicurezza, che nessuno rubi, borseggi, rapisca chi viene ad investire il proprio denaro (legalità). E prima di tutto occorre che nessuno faccia il furbo, con nessuno (basta stereotipi). Perché a Montecarlo certe cose non si fanno. Poi magari si penserà al casinò. Se si pensa alla Costa Smeralda come riferimento forse il sistema della infrastrutture deve venire prima degli alberghi. Se il posto è bello, facilmente raggiungibile, sicuro, poi le case, gli alberghi, le attività commerciali, arrivano da sole.
In realtà decidere è la parte più difficile perché se il richiamo della ricchezza è forte, le luci della città attraenti, anche la calma e la tranquillità (l’inedia) hanno il loro fascino. Così i giovani meridionali, un po’ come una gran parte del mezzogiorno (penso alle aree più isolate), vivono questo conflitto anche internamente ed alcuni emigrano perché non possono aspettare che il luogo dove sono nati offra le stesse possibilità di lavoro del nord Europa, ed altri si adeguano ad uno stile di vita “bonsai”, con poche aspirazioni e pretese, sperando che il tempo sistemi le cose. Le belle storie di successo sono quelle di quei giovani che resistono e creano da soli le loro opportunità di lavoro, eppure il contesto non sembra aiutarli a sufficienza, come se loro idea, il loro modello di futuro, non sia poi così condiviso.
Mi domando se in queste situazioni non sia necessario un intervento esterno, qualcuno che decida per tutti, un cesare, un imperatore che costruisca (o ricostruisca) ponti, strade, castelli, porti e, visto che siamo ai giorni nostri, aeroporti, centrali, fabbriche, università, reti informatiche.

Anche gli imperatori hanno però sempre avuto qualche problema ad amministrare le province lontane da Roma, eppure non ci pensavano due volte a mandare gli eserciti.

martedì 7 luglio 2015

L'abbaglio

Ho qualche idea sulla situazione della Grecia e vorrei condividerla. E' qualche anno che ho a che fare con "l'Europa", con le istituzioni europee, con i regolamenti, con le persone e mi sono fatto un'idea abbastanza chiara della forza, della bontà e dei limiti del "progetto" europeo.
Tanto per cominciare l'Europa non è un'idea "democratica". E' un progetto che è stato promosso dalle elite intellettuali (da Mazzini in poi) ricordando il passato e sognando il futuro, con una visione, un'idea di pace e prosperità troppo alta e complicata per essere espressione di un desiderio e di una volontà popolare. 
Se dopo la seconda guerra mondiale qualcuno avesse proposto un referendum, una consultazione, chiedendo al popolo sovrano se fosse interessato ad unire il suo paese alla Germania o alla Grecia, avremmo avuto percentuali di no molto più elevate di quella spuntata da Tsipras. Sentimenti come la rivalsa, l'odio, anche magari un desiderio di vendetta, la semplice diffidenza, il profondo nazionalismo e, a piccola scala, gli irrinunciabili campanilismi, avrebbero facilmente orientato le scelta. 
Ripescando nei ricordi  (penso al  fallimento del progetto di Costituzione Europea https://it.wikipedia.org/wiki/Costituzione_europea) trovo conferma del fatto che l'idea di un'Europa veramente unita è in genere sconfitta se posta, attraverso un voto popolare, a confronto con i sentimenti di appartenenza, con l'idea di patria, di nazione.
L'Unione Europea, federale, confederale o in qualsiasi altra forma la si possa disegnare, se vogliamo ascoltare le parole che provengono dalla Grecia, è un progetto probabilmente minoritario tra i cittadini europei. Abbiamo visto che l'approccio di tutela degli interessi "nazionali" è vincente e, quando si parla alla "pancia" del paese, l'attenzione alle conseguenze diventa scarsa (se le posizioni si irrigidiscono la Grecia è destinata al fallimento). Se si contrappone una "posizione" (neanche un interesse) nazionale rispetto a delle indicazione terze, esterne, è fin troppo facile trovare un ampio consenso. Anche il tema dell'emergenza immigrazione si muove sulle stesse note (ognuno per se). 
Nonostante quindi la mancanza di un vero forte consenso popolare, lentamente, in tanti anni, con pazienza, per passi successivi, tentando qualche scorciatoia, a volte con qualche pausa e qualche passo indietro, comunque l'ambizioso progetto dell'Unione Europea è andato avanti. 
Oggi i più giovani scorrazzano per l'Unione con una libertà e con delle possibilità inimmaginabili solo cinquant'anni fa. Su moltissime cose l'Unione Europea è un grande successo.
Grande limite delle istituzioni europee è però probabilmente quello di sottostimare continuamente quanto sia forte la contrapposizione tra "nazionalismo" ed "europeismo", quanto sia lungo e faticoso trasformare italiani, inglesi, francesi, ecc. in "europei". I "texani" sono americani del Texas. Gli "inglesi" (ma vale anche per gli altri) sono ancora inglesi e basta e non europei che vivono in Inghilterra.
Tra Europa e Grecia (ma sarebbe lo stesso tra Europa e Italia) si sceglie il proprio paese come allo stesso modo, tendenzialmente ma in modo più attenuato, si predilige la propria regione o la propria città.
Ma se l'Europa fosse stata già oggi una realtà, un stato federale (gli Stati Uniti d'Europa), come sarebbe stata la crisi greca ?  Probabilmente non ci sarebbe stata oppure, se l'Europa federale avesse comunque previsto la stessa autonomia di cui dispongono oggi gli Stati (cosa che in realtà non potrebbe essere, l'economia ed il fisco dovrebbero essere gestite a livello europeo), l'intervento sarebbe stato esattamente l'attuazione - forse anche più severa - delle proposte delle istituzioni europee, che avrebbero comunque sostenuto uno Stato in difficoltà, comunque imponendo tagli, correzioni, misure di varia natura. E' quello che fa qualsiasi Governo quanto un ente locale, un Comune, una Regione, si trova in difficoltà finanziarie, interviene, rifinanzia, ristruttura la spesa, anche se opportuno commissariando l'Ente.
Le istituzioni europee tendono a muoversi pensando che l'Unione Europea sia qualcosa di più di un circolo sportivo - al quale ci si iscrive, si paga la quota,  si utilizzano gli impianti messi a disposizione (se mi stufo me ne vado, se costa troppo me ne vado, se posso fare casino in piscina ed invitare chi mi pare resto - approccio utilitaristico che non dispiace a molti) - e pensano invece che l'Unione sia uno stato quasi-federale da gestire nella sua interezza cercando un approccio ed applicando regole il più possibile comuni; regole comuni e condivise sono alla base di ogni convivenza, anche in un circolo sportivo.
Quello che leggo sui giornali, l'abbraccio di molti alla posizione del governo greco vista come il desiderio di un'Europa diversa, migliore, più umana, più egualitaria, libera dalle banche, dalla finanza, mi sembra uno spaventoso abbaglio. E' possibile pensare ad una pacifica convivenza se non si è disposti ad accettare il sistema di regole, l'organizzazione, anche le decisioni, di chi prova ad organizzare qualcosa di più complesso di un circolo sportivo ? 
La dimensione dell'abbaglio si misura non solo nell'appoggio ad un approccio "nazionalista" (nel senso di difesa di una posizione tutta nazionale) ma anche nell'attacco diretto a chi, purtroppo non disponendo di poteri soprannaturali ma con ragionevolezza, ha proposto soluzioni ed ha trovato sul fronte greco solo rifiuti; fronte che pone oggi sul tavolo ancora la plateale conferma delle sue posizioni e dice: "vedete, i miei sono tutti con me". Tanto piacere. Benissimo. Basta austerity.  Ma chi paga ? 
Così sull'onda dell'emozione, la sinistra europea a parole europeista di fatto affossa l'Unione Europea affermando che al circolo sportivo Europa ognuno si fa le regole per conto suo, se alcuni lasciano l'acqua delle docce aperte, non pagano il conto del bar, parcheggiano dove gli pare la moto, non si può essere troppo rigidi, è gente troppo simpatica, sportiva, giovane, tutti - democraticamente - molto uniti fra di loro. Torna la domanda: ma chi paga ? 
La risposta è semplice. Gli altri. Mi sembra una grande conquista. Vero progresso. Far pagare gli altri. Oltre duemila anni di storia per giungere all'importante traguardo che democrazia è far pagare gli altri. E io che pensavo che democrazia è far pagare a tutti il giusto.
Ma no, gli altri sono le banche, sono loro che devono pagare. Già, peccato che le banche non sono altro che amministratori dei risparmi di altri, per cui se pagano le banche pagano i risparmiatori.
Quindi a pagare deve essere chi risparmia. Le formiche.
Ma vuoi vedere che la storia della cicala e la formica, alla fine, approfondendo bene, è la cicala ad avere ragione. E io che avevo capito il contrario. Tutta colpa della suore che promuovevano falsi ideali come il lavoro, il risparmio, la prudenza.
Il problema di oggi della Grecia è che il circolo sportivo Europa, pure se il gestore è un po' troppo tedesco nel pretendere il rispetto delle strutture e delle attrezzature, è un circolo troppo comodo; negli ultimi anni ci si è proprio divertiti, anche troppo. Gli altri soci ti fanno regali e ti prestano pure i soldi. Andare a giocare orgogliosamente altrove, in altri campi magari poco illuminati, può essere pericoloso e costare decisamente più caro. 
Come può uscire la Grecia da questo labirinto del quale in pratica nessuno  - neanche le istituzioni europea - conosce una facile via d'uscita?  Non sarebbe male un bagno d'umiltà e forse le dimissioni del Ministro dell'economia Varoufakis sono un timido segnale. Stiamo a vedere.



giovedì 12 giugno 2014

La consultazione sulla P.A. Cavolo se le sono lette !

Quando è giusto è giusto. 
Ho inviato le mie idee sulla PA all'indirizzo rivoluzione@governo.it con la mia usuale dose di scetticismo. Ma ti pare... sarà tutta un finta... Poi quando hanno dichiarato più di 30.000 mail ho pensato.. bah.. alla fine si rivelerà una boutade.
Invece no.
Qualcuno le mail se le è lette. Non so come le avranno suddivise, scremate, scelte, però del lavoro è stato fatto.
Sul sito delle funzione pubblica è stato pubblicato un sunto, un riepilogo di quanto emerso e guardate qua che cosa ho trovato al punto 26:

http://www.funzionepubblica.gov.it/media/1173062/rivoluzione_report%20finale.pdf

26) una sola scuola nazionale dell’Amministrazione 
....
Complessivamente si evidenzia che a coloro che sono favorevoli alla proposta, anche evocando il modello francese dell’ENA, si contrappone chi si chiede se serva veramente una scuola dell'Amministrazione o se forse non sia meglio utilizzare per aggiornare e formare i funzionari ed i dirigenti le università pubbliche e/o private, l'esperienza all'estero, gli scambi di funzionari, le organizzazioni internazionali: a giudizio di taluni, le scuole "dedicate" creano settori chiusi, tendenzialmente autoreferenziali. 

E cosa avevo scritto io:
26)   una sola scuola nazionale dell’Amministrazione
Serve veramente una scuola dell’Amministrazione? O forse non sarebbe meglio utilizzare per aggiornare e formare i funzionari ed i dirigenti le università pubbliche e/o private, l’esperienza all’estero, gli scambi di funzionari, le organizzazioni internazionali. Le scuole “dedicate” creano settori chiusi, tendenzialmente autoreferenziali, spesso delle lobby. Si vuole ancora favorire la creazione di “caste” di alti papaveri , le elites, le diplomazie, (e già …quelli vengono dalla scuola nazionale …dall’accademia ….) o forse nel terzo millennio non è il caso di lasciarci alle spalle questi retaggi ottocenteschi. Si potrebbe eccepire che certe cose non si insegnano all’Università, occorrono scuole altamente specialistiche. 
...........
Questo io lo chiamo copia-incolla.
Non posso quindi  far altro che ufficialmente testimoniare che i contributi sono stati effettivamente analizzati ed utilizzati.

Anche in altri punti le mie proposte/idee sono contemplate (forse sono condivise anche da altri) ma non in maniera così "esatta"

Che dire.
Brava Ministro Madia! Brava Marianna !


(Magari poi la riforma farà schifo... però, per ora, tanto di cappello).

martedì 20 maggio 2014

Perchè non si riescono a spendere i fondi strutturali europei

Per gli addetti ai lavori.
Ma no, è solo uno scherzo, pura invenzione.

In una grande famiglia del nostro paese si viene a sapere che alcuni parenti se la passano piuttosto male. Alcuni cugini, i loro figli e le loro mogli, sembrano affetti da una stana malattia. Presentano una situazione di sottosviluppo, di mancata crescita, debolezza fisica, anche scarso rendimento scolastico, non riescono a trovare lavoro, sono depressi, e questa situazione preoccupa tutto il parentado che spesso è costretto a mandare soldi.
La situazione è tanto grave che anche alcuni amici dall'estero sono molto preoccupati, sanno che queste situazioni rovinano il clima familiare e fanno perdere un sacco di opportunità.
Si decide allora di intervenire e si cerca tra parenti e amici, anche all'estero, se qualcuno conosce qualche luminare in grado di affrontare la questione. Un professore belga, dopo aver molto analizzato il caso, fatto pure qualche visita, propone, sempre rimanendo a stretto contatto con la famiglia attraverso l'unico componente che conosce il francese, un professore, una cura piuttosto articolata.
E' un problema di alimentazione e di ambiente. Questi parenti mangiano poco e vivono male. Dobbiamo farli mangiare bene, ristrutturargli casa, pagargli pure qualche ripetizione a scuola.
La famiglia si domanda come riuscire a far tutto questo, già manda parecchi soldi ai cugini anziani che poi aiutano gli altri più giovani. Allora, come si fa in tutte le famiglie,si inizia a fare i conti, si  chiamano a raccolta tutti i parenti anche i più lontani e da ultimo si organizza una bella colletta con gli amici all'estero e, meraviglia, si riesce a mettere assieme un sacco di soldi.
Anzi no, si riesce a mettere assieme un sacco di promesse, si impegnano tutti a pagare, ma poi i soldi, i contanti arriveranno un pochino alla volta.
I soldi promessi sono veramente tanti ed appena arriva la notizia subito inizia la corsa a chi è più povero, tutti a scrivere che la sua casa è quella ridotta peggio, che i suoi figli vanno male in matematica, che ha l'orto pieno di talpe, e via dicendo.
Il professore a questo punto, presa con una mano la relazione del medico belga e con l'altra il mazzetto delle richieste dei parenti, inizia a chiedere qualche dritta sia alla famiglia sia agli amici e colleghi di lavoro, il maggior aiuto provenendo inaspettato dagli amici del calcetto, per lo più disoccupati e precari ben contenti di scroccare qualche invito a cena. Alla fine riesce a mettere insieme dei bei fascicoletti da spedire ai parenti contenenti una bella dieta ipercalorica, le ricette con gli ingredienti, una lista dei lavoretti da fare, ed anche un'ipotesi di quanto spendere. Prepara quindi una bella lettera in cui spiega come funzionerà la cosa, come arriveranno i soldi, quello che deve essere fatto, come devono essere spesi e l'invito a seguire scrupolosamente il ricettario perché è quello suggerito dal medico belga e che dovrebbe assicurare una crescita rapida dei piccoli ed un miglioramento della salute di tutti quanti. Con la lettera vengono spediti anche un po' di soldi con l'assicurazione, non appena avranno spedito tutte le ricevute e gli scontrini, di avere gli altri come rimborso di quanto speso, è questo l'accordo con gli altri parenti e con gli amici all'estero.
Quando arrivano le lettere sono tutti molto contenti. I soldi sono veramente tanti e si decide di organizzare la cosa al meglio. In una famiglia , per esempio, si decide che a gestire il tutto sarà nonno Vincenzo, a cucinare e a fare la spesa saranno mamma Concetta e la zia Pina, il cugino Antonio si occuperà di trovare qualcuno che ripulisca la casa, la comare Rosalia andrà a parlare con i professori a scuola per trovare qualcuno che dia ripetizioni ai ragazzi.
Ma appena la zia Concetta e la zia Pina leggono la dieta consigliata saltano sulle rispettive sedie. A parte che molti piatti proposti erano indicati in francese e solo grazie al telefonino di Santuzza si riusciva a capire di che si trattava, erano prevista un sacco di verdura fuori stagione, di serra, frutta esotica dai nomi strani,  e poi carote, tante carote, che al piccolo Giusepuzzu non si era ancora mai riusciti a far mangiare. Le poverette un po' sconsolate vanno al mercato e li si arrangiano con quello che trovano, qualcosa riescono ad ordinarlo, altre cose no, è proprio impossibile, ci vuole troppo tempo. I negozianti le prendono pure per matte e qualcuno se ne approfitta. Quando la sera Giuseppuzzu vede le carote prende il piatto e lo butta nel secchio con tutto il controfiletto e addio dieta proteica. Il nonno chiede alle due sventurate il conto della spesa e scopre, scontrini alla mano, che le poverette hanno speso più del previsto e che si erano pure perse qualche scontrino... che gli mandiamo ora al professore ?
Il nonno si informa quindi con il cugino Antonio su come va la ricerca dell'impresa per i lavori di casa.
Il cugino riferisce che ha parecchie difficoltà perché appena dice che ha bisogno delle fatture da mandare al professore, tutti si tirano indietro oppure raddoppiano immediatamente il prezzo. Allora, anche per seguire bene le indicazioni del professore, dovrà scrivere a tutte le ditte della zona e chiedere dei preventivi. Ha infatti già incaricato il geometra di predisporre la lettera con l'elenco dei lavori.
La comare Rosalia invece era stata indirizzata, visto che anche lei era alla ricerca di fatture per il professore, in un centro specializzato per recupero e ripetizioni scolastiche. Il prezzo era alto e i docenti di nessuna esperienza (il guadagno andava tutto al titolare) ma purtroppo non c'era altra soluzione.
Passano i giorni e quando finalmente il geometra consegna al cugino Antonio la lettera per chiedere i preventivi iniziano ad arrivare delle telefonate, qualcuno lo ferma per strada, tutti chiedono al cugino Antonio notizie sui lavori, tutti danno consigli, raccontano e vogliono sapere.
Ma il cugino Antonio va diritto  per la sua strada e spedisce tutte le sue lettere. Riceve solo quattro risposte. Tre di queste sono molto alte, ognuna si propone solo per una parte dei lavori e sono stranamente scritte tutte allo stesso modo. Una quarta offerta è più articolata, riguarda tutti i lavori, ed è decisamente vantaggiosa. Il nonno Vincenzo, informato dal cugino Antonio, suggerisce di procedere con cautela perché la ditta che ha fatto l'offerta migliore non è molto conosciuta in paese, sono dei forestieri.
Nei giorni successivi il cugino Antonio prova a contattare la ditta ma questi sembrano essere spariti. Viene poi a sapere che a causa di un corto circuito il loro capannone era bruciato con tutta l'attrezzatura. Il cugino Antonio è cosi costretto a ripiegare sulle tre ditte più care e deve pure sbrigarsi perché il professore vuole notizie e, non appena riceve le prime fatture è pronto a spedire i soldi.
Nel frattempo la speciale dieta proteica procede a ritmo alternato. Le cuoche spendono troppo e il professore rimborsa con troppo ritardo. Senza soldi non possono fare la spesa. E poi il professore si è accorto che stanno comprando cose diverse da quelle previste dal luminare belga e che gli amici stranieri, che per caso hanno trovato tra le carte un biglietto del cinema, non sono disposti a buttare via i soldi, ed hanno interrotto il versamento dei loro contributi.
I lavori all'appartamento procedono a rilento, inizialmente nessuno si decideva a lasciare la propria stanza per far entrare gli operai, poi alla fine il nonno ha liberato la sua così, a rotazione, una stanza per volta i lavori possono procedere, anche se a rilento. Si è poi aggiunto il problema che una delle tre ditte, l'idraulico ha preso un lavoro più grosso e sta trascurando il cantiere facendo rallentare anche gli altri. Il cugino Vincenzo, con l'aiuto del geometra, vorrebbe trovare un nuovo idraulico, ma da un lato l'attuale non vuole rinunciare e dall'altro sembra che nessuno voglia subentrare a lavori già iniziati.
La comare Rosalia intanto è riuscita a far iniziare le ripetizioni a Giuseppuzzu ed agli altri fratelli, ma dopo poche lezioni, tra l'altro già tutte saldate volta per volta, i docenti non si sono fatti trovare, pare non venissero pagati. La comare sta allora cercando delle soluzioni alternative e sembra che in un paese vicino ci sia la possibilità di iscriversi a dei corsi, ma i ragazzi non sono disposti a fare due ore di viaggio per andare alle ripetizioni. La Rosalia, che è un tipo propositivo, sta contattando, sentito il nonno ed il professore, altri parenti, altri cugini, anche loro con lo stesso problema, con l'obiettivo di integrare i vari corsi e se fosse possibile far venire i docenti dai ragazzi.
Tutto va a rilento, il nonno Vincenzo appena riesce a raccogliere un certo numero di fatture e di scontrini li manda al professore, ma è sempre poca cosa.
Il professore insiste e pensa che si sta spendendo troppo poco rispetto a tutti i soldi che era riuscito a farsi promettere dalla parentela e dagli amici, così non ci sarà alcun risultato, nessun impatto, e decide che è forse il caso di controllare di persona.
Nella sua ispezione il professore, accompagnato anche dal cognato Alvise, un commercialista, vuole dare un'occhiata ai lavori, sentire come se la passano i ragazzi, se studiano, se mangiano come dovrebbero. Girando per la casa scopre che solo due stanze sono state completate, una terza è piena di attrezzature e di materiali, ed i lavori sono fermi perché un vicino si è lamentato per i rumori. Il nonno spiega che è solo un pretesto, una vendetta per una vecchia questione sulla proprietà del giardino sul retro.
In cucina, in un congelatore, trova stipati 200 kg di carote che nessuno si decide a cucinare perché a nessuno piacciono, però le hanno prese lo stesso perché erano previste nella dieta del luminare belga.
In salotto Giuseppuzzu sta giocando con un computer portatile. Il professore si ricordava bene di questa spesa perché il nonno Vincenzo gli aveva mandato un fattura che includeva una postazione completa di tutto, stampante, scrivania, sedia ergonomica. Il professore chiede al pronipote dove sono le altre cose e Giuseppuzzu, la voce dell'innocenza, riferisce che lui non ne sa nulla ma che ricorda che insieme al portatile il papà aveva portato il vibromassaggiatore per la mamma e uno schermo piatto per la camera da letto. Giuseppuzzu racconta poi che all'inizio aveva fatto delle di ricerche per la scuola ma poi papà aveva saltato un paio di bollette e gli avevano staccato la linea ADSL. Ora lo usava solo per giocare ed ogni tanto lo portava da un amico per scaricare qualcosa di nuovo.
Disperato il professore decide che senza un intervento esterno che metta a posto le cose non si può andare avanti e chiede al cognato Alvise di rimanere li e di metterci mano, con forza, lui che con le fatture è un esperto. Alvise dice che si può fare, a patto che qualcuno gli rimborsi tutte le spese e gli venga compensato il disturbo. Il professore, costi quel che costi, incarica Alvise di affiancare il nonno Vincenzo in tutte le attività.
Tornato a casa il professore vede subito accadere qualcosa, tanto per cominciare iniziano ad arrivare i rimborsi spese di Alvise e poi, molto lentamente, delle altre spese.
Alvise fa un bel riordino di tutte le carte è riesce a ritrovare parecchi scontrini del supermercato, la fattura della riparazione della caldaia, documenti datati ma comunque del tutto coerenti con gli scopi iniziali e rispondenti ai criteri suggeriti dal professore nella sua prima lettera. Questo permette al professore di spedire dei soldi grazie ai quali si riesce a saldare dei pagamenti rimasti indietro e far ripartire, lentamente, le cose.
Dopo qualche mese, in mezzo alle altre da rimborsare, il professore trova la ricevuta per la riparazione urgente del congelatore. Quello pieno di carote. Il nonno era convinto che sarebbe stato un peccato farle andare a male. E poi i gusti cambiano.